Inps, lo strano caso degli affitti ridicoli a Bologna
Nel capoluogo emiliano un florilegio di case svendute o in pieno centro affittate a prezzi irrisori ai soliti noti
Dall'inviato a Bologna
“Bologna è una vecchia signora/dai fianchi un po’ molli/col seno sul piano padano e il culo sui colli...”. La signora Grazia è, da dieci anni, la paciosa addetta al taglio del culatello della gastronomia Re Crudo. Mentre affetta con grazia il salume canticchia Francesco Guccini e dal bancone osserva - e mi indica- l’imponente isolato di via delle Lame 73, che con la sua quarantina di immobili “inutilizzati”, è la croce del “Porto”, quello che la tradizione orale bolognese chiama “il quartiere dell’Inps”.
“La maggior parte sono case sfitte, le vedo dalle tapparelle sempre chiuse e dalle catene arrugginite, le osservo ogni giorno da quando io lavoro qui; e mi dico: che peccato, sono soldi pubblici, in fondo…”. In questo nostro viaggio nel patrimonio immobiliare dell’Inps, nel ventre molle dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, via delle Lame è la fotografia sbiadita di ciò che non è ciò che avrebbe potuto essere. Vicino ex chiesa di Santa Maria del Buon Pastore, attraversato dai passeggi del bus 609 che porta in dieci minuti al centro, davanti a un kebabbaro e a un fruttivendolo, il mammozzo di cemento si estende in lungo dal numero 73s al 73i. E suscita subito un’idea tristanzuola dell’abitare. Si palesano otto locali di oltre 100/200 metriquadri tutti vuoti e abbandonati, avvinghiati da catene arrugginite. La lampade, svitate, pencolano dal soffitto, la pulizia latita; abbondano scritte, graffiti con un cartello “vietato appoggiare le biciclette”. Un giardino pensile lascia intuire ai piani alti una qualche forma di vita che non se la passa malaccio. Eppure, pare che siano solo 8 gli appartamenti qui dati in “uso a titolo oneroso a privati” con canoni annui bassini da 1910 a 2078 euro fino a 3780 euro; contro una ventina di appartamenti vuoti e altrettanti cantine, rimesse, box.
Se ci s’incammina verso centro, bordeggiati il giardino del Cavaticcio e piazzetta Pasolini, si arriva alla fontana di Piazza Martiri, un’enorme rotonda dal nome francamente impegnativo che sfocia nella grande via dei Mille. E qui, più la si percorre, più la via più cambia il panorama sociale: dai clochard sdraiati davanti all’Oviesse e Pittarosso, si passa alla signora medioborghese con cagnolino (“Questa strada è molto ben frequentata…”) che s’imbuca al numero 18 dove, inequivocabile, svetta il cartello “Proprietà cassa pensioni dipendenti enti locali”. E qui riverbera un’eleganza molto anni 70/80. C’è la stanza all’ingresso antica vestigia di un portierato, e scale in marmo e parquet scuro. Ma ci sono anche 22 proprietà inutilizzate, di cui una decina di appartamenti sfitti; e quelli affittati a privati hanno un canone cha varia da 9.372 euro a 4.800, a 6700. Si gira l’angolo, e lo stesso blocco contempla via Montebello 8, altro presidio Inps che si apre davanti alla Deutsche Bank: raffinato, snob, 3500 euro a 7900 euro. Fino alle 134 euro al mese di affitto, probabilmente di uno scantinato. Ora -diamone atto- l’Inps che ha ereditato anni di potente inefficienza, durante il Covid ha praticamente registrato performance ottimali in termini di gestione di patrimonio sotta la direzione di Diego De Felice: quasi 60 milioni di vendite e 30 milioni di conferimenti a fondi. Epperò, sul territorio emiliano (e altrove, come vedremo), le criticità attengono ancora agli immobili inutilizzati. Se ci spostiamo in via Galliera dal 66 al 70, dietro la Stazione e vicino a viale Indipendenza, svetta un palazzo nobile incoronato da ponteggi al primo piano, dove l’Inps ha lasciato per sè il “Comitato Regionale” al piano secondo occupando una dozzina di immobili “direttamente”. Ma dove, pure, si contano una decina di appartamenti liberi (le finestre dei piani serrate ed erose dal tempo danno un’idea di abbandono antico); e dove i pochi inquilini privati pagano affitti da a 12.800 e 16.500 euro l’anno. Lì accanto, in via Milazzo al 4, si staglia un altro fabbricato “per attività produttiva (Industriale, agricola, artigianale)”; laddove si contano –almeno sulla carta- 11 appartamenti vuoti. Cose così. Curioso, poi, è il caso della Palazzina simil-Liberty di via Filopanti 2/4 al quartiere Sant’Orsala (sul muro la scritta misteriosa: “L’Enel ruba l’acqua alla gente”) affittata, sulla carta, a un privato per 291,43 euro ma utilizzata da un noto Poliambulatorio, appendice dell’Asl di Bologna.
Il patrimonio Inps è invece –a livello di abitazioni- perfettamente valorizzato nel cuore della città. Prendete l’edificio via IV Novembre 5/7, vicino all’università: si affaccia su piazza Battisti all’angolo con via Porta Nova ed è benedetto dalla statua di San Salvatore, alle pendici dell’omonima chiesa soffocata dalle impalcature. Trattasi del maestoso palazzo “Dell’Armi poi Marescalchi opera dell’architetto Floriano Ambrosi, anno 1613”. Gli appartamenti sono tutti occupati, tranne due. Però, poi, eccoti 21 immobili abbandonati, tra cantine, box, rimesse, soffitte e posti auto. Il maniero è stato dato in “uso a titolo oneroso a privato” a 9.880 euro e “ad Altra Amministrazione pubblica” come la Sovrintendenza dei Beni Architettonici e dei Paesaggi che paga soltanto 173.600 euro di locazione (dati 2019), e ovviamente per il Covid gli uffici aprono solo dalla 9 alle 13 su appuntamento. Questo, al numero civico 7. Invece, al 5, hanno sede la Biblioteca del settore promozione e statistica del Comune e l’istituto di Archeologia dell’Università che pagano cifre variabili da 6955, 4800, 5200 euro all’anno (e un appartamento medio di 80/100 metri in zona prevede affitti da 400/450mila a 1800/2000 euro al mese per trilocale). Strano fenomeno fisico, questo dell’affitto pauperistico che si abbassa in automatico in pieno centro. Per dire, in via del Pratello uno studio di avvocati paga 9mila euro l’anno. Lì vicino nell’ombelico istituzionale piazza Roosevelt, dietro il Comune e di fianco alla Prefettura emergono immobili dati in uso a 16,27 euro, “ma qua era tutto dell’Inps, negli ultimi mesi ci sono stati una raffica di vendite agli stessi inquilini che sono diventati proprietari, e dove non sono proprietari sono uffici sfitti”, mi dice la barista dell’adiacente Caffè della Zecca. E, in effetti, a parte 4 immobili, quasi tutto il palazzo è stato venduto negli ultimi mesi a Invimit, la società di fondi immobiliari di proprietà del Mef “per valorizzare i beni dello Stato”. Così come altre vendite, in era Covid, si registrano nella viuzza a lato, al 2 di Francesco Rismondo, stabile antico attraversato da due vetrate di negozi (chiusi e in disarmo).
Cose così. Da piazza Maggiore risuona una canzone di Lucio Dalla, la cui ombra è disegnata sulla sua casa di via D’Annunzio. Chissà se era una casa dell’Inps…