"Io, psicologa, chiamata e poi cacciata al centro vaccinale": la lettera a Libero
Sono una psicologa, di quelle additate da Draghi con la frase «Smettete di vaccinare psicologi di 35 anni, priorità agli anziani». Sabato 10 aprile, alle ore 12, ricevo una telefonata da un numero privato. Rispondo ed è l’Ufficio Igiene che mi chiede se possa recarmi subito presso il centro vaccinale del mio Comune (Bisceglie, Puglia) per vaccinarmi «perché ora abbiamo disponibilità di dosi, poi potrebbe passare parecchio tempo per essere ricontattata». Rispondo che in mezz’ora sarei stata lì e così è stato.
Faccio la fila assieme a tanta altra gente e, dopo un’ora e mezza di attesa, quando finalmente mi siedo di fronte alla dottoressa che mi chiede il codice fiscale, il perché sia lì e quale sia il mio lavoro, ecco che la commedia del grottesco tocca il suo apice. Rispondo che «sono qui perché mi avete chiamata voi due ore fa» e che «nella vita faccio la psicologa psicoterapeuta e lavoro nel mio studio privato ed in un centro antiviolenza».
Vedo l’espressione sul suo volto cambiare e mi sento dire «e no, gli psicologi li stiamo rimandando indietro. Però ora chiedo conferma alla mia collega». Arriva la conferma e la dottoressa mi congeda dicendomi «mi spiace, non può vaccinarsi. Sarà ricontattata». Ovviamente non sa neanche dirmi le tempistiche di questa nuova fantomatica chiamata. Personalmente sono rimasta sconcertata. Come può essere che una faccenda così seria vada in questo modo? Com’è possibile contattare persone per vaccinarle e poi rimandarle a casa senza vaccino?
Mi sono informata e ho scoperto che molti altri colleghi sono stati chiamati e poi fatti tornare indietro. Mi è stato detto che tutto è nato da una pessima gestione per cui gli psicologi sarebbero stati trattati a mo’ di tappabuchi, essendoci delle dosi di vaccino in più. Quando però quei buchi si sono tappati, perché al centro vaccinale si sono presentati altri over 80, noi psicologi siamo stati cacciati via, come fossimo l’ultima ruota del carro.
Ora, caro Signor Premier e caro Signor Ministro della Salute, se il piano vaccinale l’avesse progettato e gestito mia nipote che ha tre anni, sono sicura che avrebbe funzionato meglio. Avete, giustamente, deciso l’obbligo vaccinale per tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari, pena la sospensione dell’esercizio della professione; dopo un po’ vi siete ricordati che gli psicologi rientrano in questa categoria (vi era un attimo sfuggito!) e quindi l’obbligo è, ancora giustamente, anche per noi. Poi quella frase così infelice e discriminatoria sulla mia categoria (in assoluta antitesi con quanto da voi stessi deciso) e le Asl che vanno nel pallone.
Di nuovo, caro Signor Premier e caro Signor Ministro della Salute, sono abituata a spingermi nei meandri più bui e contorti della mente e dell’animo umano, ma proprio non riesco a trovare un fil rouge nelle vostre parole e nel vostro (non) operato. Vi prego di illuminarmi. Non sto puntando i piedi come una bambina che vuole per forza il giocattolo (il vaccino in questo caso) ma trovo sconcertante, a tratti psicotica (per rimanere nell’alveo della mia professione), la vostra incoerenza. Io non sono una “furbetta”, non voglio rubare il posto a nessuno, io una coscienza ce l’ho. Sabato mattina stavo solo cercando di attenermi alle regole che voi avete deciso, non io.
Infine, Signor Premier, ha avuto modo di leggere qualche ricerca scientifica in merito agli effetti psicologici della pandemia e al malessere e al disagio che questa ha provocato o accresciuto laddove preesistenti? Sa quanto è importante per i miei pazienti la possibilità di svolgere un percorso psicoterapeutico, soprattutto ora? E farlo in piena sicurezza, con gli operatori del settore il più possibile vaccinati?
Signor Premier, Signor Ministro della Salute non vi chiamo con i vostri nomi e cognomi perché è al ruolo che ricoprite che mi rivolgo. La mia professione mi insegna ogni giorno quanto, per poter essere d’aiuto agli altri, io debba ascoltare, informarmi, cercare di capire, essere sinceramente interessata all’altro.
Ecco, seppur non siete psicologi, magari prendere spunto dalle caratteristiche che mettiamo in campo noi nella nostra professione per poter essere utili, potrebbe rendere più utili anche voi.
Con delusione,
dott.ssa Mariaceleste Petrelli