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Vaccino, la fascia 20-39 più immunizzata di quella 70-79 anni: come si spiega il dato sui decessi

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Elisa Calessi
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Da tre mesi è cominciata la campagna di vaccinazione. Viviamo in un lockdown, più o meno rigido, da Natale. Tra misure stringenti e brevi allentamenti è da un anno che ci atteniamo a restrizioni varie. Nipoti e nonni, figli e genitori anziani, non si vedono da ben prima di Natale. Gli adolescenti è da più di un anno che vivono in casa. Gli spostamenti sono ridotti al minimo, gli alberghi chiusi, i ristoranti pure. Occasioni di socialità non ci sono da un anno (non ci sono concerti, non si va a cinema e a teatro). 

Eppure nel nostro Paese continua a esserci un numero altissimo di morti al giorno. Ieri sono arrivati a 718, una strage quotidiana di cui ormai non ci stupiamo più. Eppure è una ecatombe. Bastino due paragoni: i morti del terremoto dell'Aquila, che ha commosso tutto il Paese, sono stati 294. È come se ogni giorno vivessimo quasi tre terremoti dell'Aquila. Quelli del ponte Morandi 43. È come se ogni giorno accadessero 16 incidenti come quelli del ponte Morandi. In grandissima parte chi muore ha superato i 70 anni di età. È vero che in Italia gli anziani sono tanti, ma basta a spiegare come mai la "curva della letalità", come burocraticamente si definisce questa strage quotidiana, non accenna a scendere da mesi, nonostante le misure severissime? 

 

IL RISCHIO DI MORTE
Le spiegazioni sono tante. Ma spulciando tra i dati della campagna vaccinale una salta agli occhi. Le persone vaccinate (termine con il quale, da qui in poi, intendiamo quelli che hanno ricevuto la prima dose di vaccino, perché se contassimo le due dosi, i numeri crollerebbero ancora di più) nella fascia tra i 20 e 39 anni, ossia quella dove è molto minore il rischio di morte anche in caso di infezione da Covid-19, sono, a livello nazionale, più di quelle della fascia tra i 70 e 79 anni, che se si contagiano hanno una altissima probabilità di morire: 1.703.249 contro 1.231.467. In breve: abbiamo vaccinato più quelli che non rischiano di morire che quelli che rischiano. I dati più clamorosi sono in Puglia e in Lombardia. Nella punta dello Stivale sia i ventenni che hanno avuto la prima dose (44.360), sia i trentenni (addirittura 69.344) sono ben più dei settantenni (fermi a 17.813). Sommando le persone tra 20 e 39 anni abbiamo 113.704 vaccinati, sei volte tanto i settantenni. Simile lo scenario in Lombardia, dove sono stati vaccinati, con una prima dose, più ventenni (20-29 anni) che settantenni (70-79): rispettivamente 130.843 contro 82.556. 

 

Se poi aggiungiamo i trentenni (30-39 anni) che hanno preso almeno una dose (178.018), il confronto è ancora più sconcertante: tra i 20 e i 39 anni abbiamo, in Lombardia, 308.861 persone immunizzate, tra i 70 e i 79 poco più di 82mila. Meno di un terzo. Si fa notare anche la Basilicata, dove i ventenni vaccinati sono più dei settantenni (3.303 contro 2.090). O l'Umbria, dove nella fascia 20-29 anni sono state vaccinate duemila persone in più rispetto a quella tra i 70 e i 79 anni (7.571 contro 5.955). In ogni caso, se questi sono i casi più eclatanti, non è che i dati regione per regione siano molto più confortanti. Dappertutto, se si considera la fascia da 20 a 39 anni, il numero dei vaccinati è nettamente superiore a quello dei settantenni. In Abruzzo i vaccinati tra i 20 e i 39 anni sono 35.513 contro 15.068 tra 70 e 79 anni. In Calabria gli under 39 anni (da 20 fino a 39 anni) vaccinati sono 40.724 contro 24.521 settantenni. In Campania ventenni e trentenni vaccinati sono 149.230, mentre i settantenni sono 121.469. 

Dati simili ci sono in Emilia-Romagna, dove gli under 39 anni a cui è stata somministrata almeno una dose sono 138.171, mentre i settantenni si fermano a 117.233. In Friuli Venezia-Giulia c'è una differenza di 10 mila: 39.891 sono gli under 39 vaccinati, 29.589 i settantenni. Eccezione virtuosa è il Lazio, dove la somma di ventenni e trentenni (143.471) è comunque inferiore a quella dei settantenni (174.639). E anche il Veneto, dove i settantenni vaccinati sono più di ventenni e trentenni: 186.417 contro 144.837. 

NON SOLO FURBETTI
A parte queste due eccezioni, il panorama è ugualmente desolante da Nord a Sud. Nelle Marche i trentenni vaccinati sono più dei settantenni (23.010 contro 20.257), in Molise la somma di ventenni e trentenni che hanno ricevuto la prima dose è 7.273, mentre i settantenni sono 5.327. Quasi pari è nella provincia autonoma di Bolzano: 16.157 contro 15.540. Poco sotto è nella provincia di Trento: 12.725 contro 15.153. In Piemonte chi ha fatto il pieno dei vaccini sono i trentenni (77.396), più dei settantenni (68.147). Anche in Sardegna sono stati vaccinati più trentenni (26.851) che settantenni (25.094). Nell'altra isola, la Sicilia, la somma di ventenni e trentenni vaccinati arriva a 132.355 contro 124.328 settantenni. In Toscana il confronto è tra 129.575 (20-39 anni) e 136.016 (70-79 anni). 

In Val D'Aosta i vaccinati da 20 a 39 anni sono 3.309, mentre nonni o genitori settantenni si fermano 3.860. Sia chiaro, non si tratta (non solo) di persone che hanno saltato la fila o fatto i furbi. Ci saranno anche questi, ma la maggior parte rientra in categorie previste da indicazioni del governo, magari con interpretazioni estensive. Operatori sanitari che magari svolgono anche compiti amministrativi, docenti universitari che fanno lezione in Dad da mesi e continuano a farla, personale delle forze dell'ordine in smart working. Tutto legittimo e secondo la legge. Ma il risultato è quello che i numeri riportano. E non c'è da stupirsi se i morti sono 700 in un giorno.

 

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