Denise Pipitone, "hanno sbagliato tutto". Il criminologo Lavorino: "Ecco come scoprire il dna di Olesya Rostova"
"Chi è causa del suo mal piange se stesso". Sul caso Denise Pipitone è durissimo il criminologo Carmelo Lavorino, e punta il dito direttamente sulla famiglia della bimba scomparsa a 4 anni a Mazara del Vallo, nel 2004, e soprattutto sugli avvocati di mamma Piera Maggio, a cominciare dal legale Giacomo Frazzitta.
La vicenda, drammatica, ha avuto una accelerazione inattesa nelle ultime settimane, con la partecipazione di una 20enne, Olesya Rostova, a una popolare trasmissione del Primo Canale della tv russa, Lasciali parlare, per trovare la sua madre biologica. La somiglianza tra la ragazza e Piera Maggio e le convergenze nella storia di Olesya e di Denise hanno fatto il resto. Oggi, dopo giorni di incertezze e reticenze, l'avvocato Frazzitta ha comunicato che finalmente gli autori russo gli hanno comunicato i risultati del test del sangue sulla ventenne, che però verranno annunciati solo nel corso della prossima puntata dello show, rinviata dal 6 al 7 aprile. Parteciperà anche l'avvocato, insieme ad altre madri che sapranno così, in modo brutale, se Olesya è loro figlia o no. Per questo, nelle scorse ore, il legale di Piera Maggio aveva parlato di "strumentalizzazione" e "circo mediatico", minacciando di fare richiesta di rogatoria internazionale in Procura a Mazara nel caso non gli venissero comunicati per tempo gli esiti del test, preliminare a quello del Dna.
"Ogni volta che ci sta il sospetto che qualche ragazza possa essere Denise immediatamente viene montato un circo mediatico che strumentalizza soprattutto il dolore dei familiari della persona scomparsa", accusa però Lavorino, intervistato dall'agenzia Adnkronos. Circo mediatico? "Chi è causa del suo mal pianga sé stesso. È come vedere il Papa che si lamenta del Giubileo - prosegue sprezzante -. Si poteva fare tutto in maniera riservata, prima di tutto si poteva chiedere il gruppo sanguigno della ragazza e poi, magari con il supporto dell'intelligence, prendere il Dna della ragazza russa". "Non è che ci vuole granché a prendere il Dna delle persone - spiega il criminologo -, la gente va al bar, beve un caffè e butta una cicca di sigaretta. È vero che è un dato sensibile ma poteva essere trattato in maniera molto riservata. Potevano fare degli accertamenti prodromici e anticipatori per verificare se la ragazza fosse realmente Denise per evitare questa spettacolarizzazione mediatica e strumentalizzazione della signora Maggio".
Il problema, conclude Lavorino, nasce da lontano. "Purtroppo il circo mediatico lo hanno costruito sin dall'inizio gli avvocati, i consulenti e le persone che erano intorno alla famiglia e a tutt'oggi non si è arrivati a nessuna soluzione. Potevano prendere un investigatore privato ad esempio, qualche persona in gamba e mandarla dove doveva essere mandata. Solo così potevano capire se avevano scelto la strada giusta o no. I familiari delle persone rapite sono sempre delle vittime perché il loro dolore ha bisogno di giustizia, di sfogo e di verità e automaticamente si fidano di tutti mentre i professionisti che gli stanno attorno cercano uno scoop mediatico". E i legali "hanno scelto i solchi tracciati da Taormina nel 2002 col caso di Cogne. Ormai anche i criminologi vanno nelle varie trasmissioni televisive a dispensare opinioni criminologiche come se fossero i consigli per gli acquisti".