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Coronavirus, Alberto Mantovani: "La pillola anti-Covid in fase di sperimentazione", l'arma finale contro la pandemia?

Alberto Mantovani

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Il comportamento da parte di molti governi europei nei confronti del vaccino anglo-svedese AstraZeneca, non ha fatto che alimentare la confusione e lo scetticismo nei confronti dei vaccini. Il Corriere della Sera ha intervistato il professor Alberto Mantovani: "Capisco l'esitazione di fronte a messaggi contraddittori, che generano incertezza. Bene che si analizzino tutti i dati disponibili su possibili eventi avversi in giovani donne, a protezione della salute pubblica. I casi gravi di trombosi osservati in relazione al vaccino potrebbero essere forse causati, secondo una recente pubblicazione, dalla formazione di autoanticorpi, come succede, in rarissimi casi, durante trattamenti con eparina... Se confermata, l'osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi. Per ora l'analisi condotta da Ema sul vaccino Oxford AstraZeneca ha rassicurato sul fatto che non causi un aumento della frequenza di tromboembolia, aspettiamo ulteriori analisi".

 

 

"In Gran Bretagna non si è osservato un eccesso di eventi tromboembolici nei 20 milioni di persone vaccinate con Oxford AstraZeneca rispetto ai vaccinati con BioNTech Pfizer e rispetto a quanto normalmente atteso. In Humanitas abbiamo vaccinato oltre 22mila persone senza problemi inattesi. Aspettiamo altri dati, ma tre giovani donne della mia famiglia si sono vaccinate con Oxford AstraZeneca e io sono tranquillo" afferma il professore e riguardo agli anticorpi naturali afferma: "Sappiamo che la malattia dà un certo grado di protezione, stimata all'80% in un arco di osservazione dai 5 ai 7 mesi. Dati molto recenti su 12mila soggetti che fanno parte del personale sanitario britannico e su 4 milioni di persone in Danimarca hanno confermato che chi ha avuto il Covid, confermato con test molecolare, ha un grado di protezione importante, ma solo nell'ordine del 40% in chi ha più di 65 anni".

 

 

"Quindi chi ha avuto il Covid deve vaccinarsi" -prosegue l'immunologo- " però diversi studi dimostrano che è sufficiente una sola dose, cosa che, fra l'altro, farebbe risparmiare due milioni di dosi di vaccino in Italia, mentre su scala globale questa strategia "salverebbe" cento milioni di vaccini a costo zero. Preoccuparsi di questo aspetto è nel nostro interesse. È la strategia delle due esse: solidarietà per motivi etici e sicurezza nostra, perché se non facciamo arrivare i vaccini anche nei Paesi a basso reddito saremo sommersi dalle varianti. A questo proposito è importante, anche se passato piuttosto sotto silenzio, che di recente al Senato il presidente del Consiglio abbia menzionato come attività di salute globale che dobbiamo sostenere Covax (Covid-19 Vaccine Global Access), il programma internazionale per fornire ai Paesi poveri accesso ai vaccini anti-Covid".

 

 

L'immunologo espone anche lo studio di farmaci che mirano a curare l'infezione da Covid-19: "ci sono dati interessanti per strategie che mirano a inibire molecole come le interleukine 6 e 8 e l'enzima Jak che giocano un ruolo importante nei gravi fenomeni infiammatori che si verificano in corso di Covid. Aspettiamo i risultati di sperimentazioni rigorose in proposito. Per gli anticorpi monoclonali la situazione è in divenire, ma le combinazioni di monoclonali sono già più di una promessa. Il sogno che tutti abbiamo è di disporre di una pillola come quelle per il virus Hiv, che riesca a tenere sotto controllo l'infezione, e ci sono composti in fase 2 di sperimentazione che ci danno motivi di speranza in questo senso". 

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