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Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista di Berlusconi: regista anti-mafia, condannato per mafia

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Francesco Storace, dalle colonne del Tempo, racconta l'odissea giudiziaria di Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista e regista di qualità "che le opere migliori le ha dedicate proprio alla lotta a Cosa Nostra", scrive Storace. Si trova nel carcere di Opera, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.  Domani una programmazione speciale, dedicata al suo caso, dalle ore 10 alle 18 in diretta dal sito Radio Radicale.it e su Radio Radi cale FM (dalle 12/13.30 e 15.30/17). Crespi, infatti, è stato condannato il 9 marzo scorso a 6 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo aver scontato già quasi un anno di carcerazione preventiva.

 

 

 

 

La maratona sarà "l'occasione per dar voce a chi ha conosciuto l'uomo Ambrogio e, per questo, condivide il senso di una battaglia che coglie l'insensatezza della esecuzione di una pena inutile che nei confronti di Ambrogio Crespi rischia di risolversi in un trattamento degradante e contrario al senso di umanità", scrive Storace. L'ex senatore elenca poi i dubbi giudiziari che hanno portato alla maratona. "La pena si fonda su alcuni elementi che forse avrebbero dovuto essere accertati con maggior rigore". 1. Le telefonate intercettate sono del 2013. Ma i fatti contestati - il voto di scambio - si riferivano alle regionali lombarde del 2010. Non c'è mai la voce di Crespi, ma quelle di persone che parlano di lui tanto tempo dopo. 2. La figura del suo principale accusatore che ha ritrattato in udienza, ma siccome considerato soggetto instabile si è deciso che era inaffidabile. 3. Ambrogio Crespi non aveva mai conosciuto il politico (l'ex assessore regionale Domenico Zambetti) a cui avrebbe portato voti. Si sono conosciuti solo quando Crespi è entrato per la prima volta nel carcere di Opera (Milano) per la carcerazione preventiva.

 

Sono ancora altre le discrepanze raccontate da Storace che porta a supporto anche testimonianze della società civile, come quella di Clemente J. Mimun, direttore del Tg5: "Non ho mai avuto bisogno di vedere che diventava un bravo regista antimafia per avere chiaro che non fosse minimamente colluso con quegli ambienti. Spero che in ambito europeo ci sia la possibilità di riparare a quella che io penso sia un'ingiustizia. Io penso che sia una condanna sbagliata. Non sono un magistrato, ma ho paura che tante volte parta un meccanismo tale per cui chi ne è stato motore non abbia il coraggio di fermare la macchina. Non sarebbe la prima volta", racconta Mimun.

 

 

 

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