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Mario Draghi, Covid e lockdown di fatto. Da Conte cambia poco: Italia in zona rossa e Pasqua blindata, tutti i divieti

Elisa Calessi
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Nel giorno in cui l'Italia sembra tornare a un anno fa, a quel lockdown che ci precipitò in un incubo non ancora finito (da lunedì tutto il Paese, tranne la Sardegna, si colora di arancione o di rosso), Mario Draghi prova a dare un messaggio di speranza. A dire che no, non è come un anno fa. Si vede la luce in fondo al tunnel. E si chiama vaccino. Così, dal centro per le immunizzazioni di Fiumicino, mentre si prepara ad annunciare misure che sconvolgeranno la vita di milioni di italiani (9 studenti su 10 faranno didattica a distanza, per dire), il premier ringrazia i ragazzi che lavorano in questo posto perché lo hanno reso, dice, «un luogo di speranza». Vedendovi, «si capisce che ne usciremo e ne usciremo grazie a voi». Ecco, allora, che, subito dopo, Draghi ammette che «ci troviamo purtroppo davanti a una nuova ondata di contagi».

 

 

 

Non indora affatto la pillola: i contagi sono aumentati del 15%, così come i ricoverati e i pazienti in terapia intensiva. Numeri che «ci impongono la massima cautela per limitare il numero di morti e impedire la saturazione delle strutture sanitarie». Quindi annuncia le «misure restrittive» adottate dal Cdm. Lo strumento è un nuovo decreto legge che sarà discusso in Parlamento, sottoposto alle Regioni, entrerà in vigore lunedì. Aggiunge il premier di essere consapevole «che le misure di oggi avranno conseguenze sull'istruzione dei figli, sull'economia e sullo stato anche psicologico di noi tutti». Ma le definisce «adeguate e proporzionate», soprattutto «necessarie per evitare un peggioramento che renderebbe inevitabili provvedimenti ancora più stringenti».

 

 

 

 

Nello stesso tempo, però, promette «l'azione del governo a sostegno di famiglie e imprese e l'accelerazione della campagna vaccinale». Nel decreto sono previsti i congedi parentali per chi ha figli minorenni, il diritto allo smartworking e il bonus baby-sitter, come hanno chiesto la ministra Elena Bonetti e la collega Mariastella Gelmini. Sul fronte economico Draghi anticipa che chiederà al Parlamento un nuovo scostamento di bilancio. Verrà prolungata «la cassa integrazione guadagni» e ci sarà «un più ampio finanziamento degli strumenti di contrasto alla povertà». Quanto agli autonomi e alle partite Iva «che hanno patito perdite di fatturato riconosceremo contributi in forma piu' semplice e immediata, senza criteri settoriali». L'altro impegno di Draghi riguarda la campagna vaccinale. Oggi il ritmo è di circa 170mila somministrazioni al giorno. «L'obiettivo», dice, «è triplicarlo presto». Per farlo, però, occorre diminuire la pressione sugli ospedali, che quasi ovunque ha superato la soglia critica. Preoccupa l'aumento dell'incidenza, l'Rt ormai dappertutto sopra l'1, lo scenario di rischio alto generalizzato.

 

 

 

 

Per questo, da lunedì, 10 regioni e 2 province autonome passeranno alla fascia rossa, 9 a quella arancione mentre una, la Sardegna, resterà in fascia bianca. Il decreto approvato ieri sarà valido dal 15 marzo al 6 aprile. Scompariranno le poche zone gialle rimaste. Le regioni saranno rosse o arancioni. E per le feste di Pasqua, dal 3 al 5 aprile, tutta Italia diventa rossa, escluse le zone bianche (per ora solo la Sardegna). Nell'area di rischio più alto scivolano Bolzano, Trento, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Puglia e Marche, Molise. In arancione, invece, andranno Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia, Umbria, Toscana e Valle D'Aosta. In bilico la Basilicata che necessita di un ulteriore verifica dal ministero. In più nelle fasce arancioni non solo non si potrà andare fuori dal proprio comune, ma anche all'interno gli spostamenti saranno limitati all'essenziale. Unica deroga, la possibilità di spostarsi «verso una sola abitazione privata, una volta al giorno, nei limiti di due persone ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14». I presidenti delle Regioni potranno inasprire le misure «nelle province in cui l'incidenza cumulativa dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100mila abitanti» e «nelle aree in cui la circolazione delle varianti determina un alto rischio di diffusività o induce malattia grave».

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