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Ursula von der Leyen, "l'era delle pandemie": la frase inquietante, perché il vaccino non ci farà tornare liberi

Francesco Bertolini
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Salviamo l'estate chiudendo a Pasqua che doveva essere salvata chiudendo lo sci che doveva essere salvato chiudendo a Natale, che doveva essere salvato chiudendo a novembre. Eppure qualcuno ci crede ancora; crede ancora che questa storia possa finire e che si possa tornare a una vita normale. Gli interessi in gioco sono ormai enormi, difficile che si possano rimuovere velocemente. Non è un caso che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea abbia introdotto il concetto dell'«era delle pandemie»; questa cosa è passata inosservata, a nessuno è venuto in mente che se così fosse ci attendono molti anni bui, dove il concetto di libertà personale sarà totalmente sacrificato su un interesse della salute pubblica, una società dell'orrore. E in una società totalitaria come questa, dove il fascismo del politically correct non consente voci critiche, il grande reset si sta realizzando in forma accelerata, molto più velocemente di qualunque previsione.

 

 

Eppure basterebbe rileggere ciò che è stato detto e scritto in questi dodici mesi per capire come solo uno sprovveduto potrebbe continuare a credere alla storia che viene raccontata; è vero, la scienza va per tentativi, il vaccino probabilmente si affinerà, ma continuare a illudere le persone che la campagna di vaccinazione di massa sia propedeutica al ritorno alla normalità è criminale. Le mascherine saranno sempre più personalizzate in modo da consentire il riconoscimento delle persone, oppure avremo caschi, magari prodotti in maniera sostenibile, perché oggi tutto deve avere come aggettivo sostenibile, ma non torneremo alla normalità. Il modello cinese ha vinto, ma non perché il virus sia nato in laboratorio, questo non lo sapremo forse mai, ma perché il modello dove l'individuo viene sacrificato sull'altare di un presunto interesse pubblico è la naturale evoluzione di questo grande reset. E infatti l'Asia, che non si pone problemi di diritti umani, di libertà e di tutte quelle cose che pensavamo fossero irrinunciabili e irreversibili, corre.

 

 

In molti paesi con gli occhi a mandorla il Covid è un ricordo, o meglio, una immagine di un occidente vecchio e stanco che non riesce a risolvere la situazione e che sembra incagliato tra scogli e basse maree. Forse in quei paesi la giovane età media degli abitanti contribuisce a rendere il virus poco pericoloso e di conseguenza a renderlo un fattore non critico per la quotidianità delle persone. Ma questo diverso atteggiamento ha una conseguenza pesante per l'Occidente e in particolar modo per l'Europa. La rete di relazioni costruita in decenni di viaggi da imprenditori intraprendenti rischia di vanificarsi molto rapidamente. Pensare di mantenere i rapporti con lo smart working è una stupida illusione di chi non ha mai frequentato il mondo e soprattutto certe aree del mondo, dove la fedeltà a un fornitore, a un cliente, a un amico è molto labile, deve essere continuamente alimentata, non da rapporti e tabelle inviate via mail, ma da cene insieme, da brindisi che siglano contratti molto più di analisi elaborate da centri studi delle business school. Quindi stiamo solo rallentando il viaggio verso società digitali, super tecnologiche etc, in pratica quello che vuole il recovery plan che qualcuno considera la salvezza dell'Italia e dell'Europa; diamo le redini delle nostre vite a Amazon, Google e compagnia; il viaggio verso il nuovo mondo dove saremo monitorati in ogni respiro sarà più breve.

 

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