Immigrazione, "le Ong si davano appuntamenti in mare coi trafficanti": l'accusa della Procura di Trapani
"Le Ong si davano appuntamento in mare per recuperare i migranti": è questa l'accusa formulata dai pm della Procura di Trapani Brunella Sardoni e Giulia Mucaria nei confronti di alcune delle organizzazioni impegnate nel salvataggio dei migranti in mare. L'inchiesta si è chiusa dopo quasi tre anni dall'inizio delle indagini. Come riporta il Fatto Quotidiano, i magistrati non scrivono mai nelle carte l'espressione “taxi del mare”, ma fanno comunque riferimento a "più azioni esecutive” di uno stesso “disegno criminoso”, con i ripetuti trasbordi delle imbarcazioni libiche, riconducibili “ai trafficanti”, alle navi ong Jugend Rettet, Save the children e Medici Senza Frontiere.
Video su questo argomentoLa sinistra ha preso in giro pure i migranti: che flop le regolarizzazioni
Save the children e Medici Senza Frontiere, in particolare, sono accusate di aver favorito l’immigrazione clandestina, insieme ad altre 22 persone, tra comandanti, team leader o capi missioni delle due ong. Il periodo in esame è quello a cavallo tra il 2016 e il 2017. Dagli atti - continua il Fatto - si legge come le ong, una volta “appreso” della “partenza dalla costa libica di numerosi migranti presenti su una o più imbarcazioni”, si dirigevano “verso una precisa zona” dove sarebbero giunti i “migranti". E l'azione, come scrivono i pm, è stata svolta "senza dare comunicazione all’autorità nazionale competente”.
Nei documenti dell'inchiesta si specifica anche che queste organizzazioni recuperano i naufraghi dalle imbarcazioni dei "trafficanti libici", a cui poi “riconsegnano” i barchini, senza opporsi al ritorno nella costa nordafricana. E non è tutto. A questo si aggiunge lo spegnimento delle radiotrasmittenti per evitare di essere localizzati. Segnalata anche la navigazione con “le luci del ponte della nave spente in ore notturne”. Le ong, dal canto loro, si sono sempre difese dicendo che il loro compito è quello di salvare vite in mare.