Coronavirus, Alessandro Vespignani: "Per la variante inglese ci restano solo due settimane"

martedì 16 febbraio 2021
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 Alessandro Vespignani

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Nel giro di due settimane la variante inglese del Covid sarà presente in un contagiato su due. Alessandro Vespignani, epidemiologo computazionale che dirige il laboratorio di modellistica dei sistemi biologici alla Northeastern University di Boston, in una intervista a La Repubblica, sostiene che a marzo “sarà prevalente grazie alla maggiore capacità di infettare. Sars-Cov-2 e la variante inglese diventeranno tutt'uno. Per i ceppi del passato ci sarà sempre meno spazio”. 

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Certo, rispetto all’andamento dell’epidemia, “molto dipenderà da noi e dalla capacità di mantenere l'Rt sotto controllo” ma “le prime notizie che arrivano dalla Gran Bretagna sulla sua severità non sembrano tranquillizzanti. Dati preliminari di questi giorni indicano che possa causare una malattia più grave”. Basta guardare i dati registrati nel Regno Unito.

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Questo significa che l’unica soluzione, continua Vespignani è “ridurre il numero assoluto dei casi. Se riusciremo a tenerlo basso, la situazione resterà contenibile. Ma è importante agire adesso. Le prossime due settimane saranno quelle in cui probabilmente la prevalenza andrà dal 25 per cento al 50". Insomma, anche Vespignani vuole frenare le riaperture: “Bisogna essere cauti, guardare con attenzione ogni rialzo dell'indice Rt. E monitorare la diffusione delle varianti”. Un monitoraggio che “va fatto ora. Dobbiamo sapere come si muove l'epidemia e in caso adeguare i vaccini alle varianti. Un buon laboratorio per il monitoraggio genetico, anche in futuro, ci permetterà di tenere sotto controllo eventuali malattie emergenti e la stessa influenza”.

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Del resto, conclude Vespignani, “il ceppo britannico ci renderà la vita più dura. A causa della sua maggiore contagiosità, le misure tradizionali potrebbero non essere sufficienti. E il rigore va messo in atto anticipando l'epidemia”, anche perché i vaccini non saranno risolutivi nell’immediato: “Non faremo in tempo a creare un'immunità di gregge prima che la variante inglese diventi prevalente, ma vaccinando le persone più fragili ridurremo casi severi e decessi”.