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Pescatori liberati in Libia, "ecco come ci hanno umiliato". Il racconto che deve imbarazzare Conte

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“Ci hanno umiliato”. I pescatori di Mazara del Vallo, dopo 108 giorni di prigionia in Libia, sono in viaggio per tornare a casa dalle loro famiglie. Nelle loro prime parole - riprese dal Corriere della Sera - si coglie tutta la sofferenza di quei giorni in carcere. “Ci hanno fatto cambiare quattro prigioni in tre mesi. Sempre lasciandoci al buio, facendoci arrivare un po’ di cattivo cibo in ciotole di latta...”, ha raccontato uno di loro, Pietro Marrone. Quando sono stati liberati, i pescatori non sapevano cosa stesse succedendo: “Sembrava un giorno come tanti. Arriva una guardia e dice: ‘Preparatevi che dobbiamo andare via’”.

La paura di morire era tanta e a questa si aggiungeva un forte senso di disorientamento: “Non sapevamo da chi eravamo stati presi, da quale pezzo di Libia”, continua il racconto. Marrone poi spiega di aver subito, insieme a tutti gli altri, più pressioni psicologiche che violenze: “Accendevano e spegnevano le luci, a loro piacimento”. E ancora: “Non ci vedevamo nemmeno tra di noi. Tutti insieme una volta solo dopo 70 giorni. Dopo l’assalto a colpi di mitragliatrice, ci hanno sbattuto in carcere senza il tempo di portare qualcosa con noi. Nemmeno le cose intime. Una maglietta, un pezzo di sapone ci sono arrivati grazie a un detenuto che ci aiutava. Non per tutti. Senza umanità”.

 

 

 

Intanto a Mazara del Vallo, una delle mogli dei marittimi, Cristina Amabilino, è ancora arrabbiata: “Il governo ha perso tempo prezioso. Non lo ringrazierò mai perché ha agito comunque in ritardo, sbagliando fin dall’inizio. Il giorno dell’assalto la Marina parlò di un elicottero che in 20 minuti avrebbe difeso i nostri uomini. Quell’elicottero non è mai arrivato…”.

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