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Istat, il Sud "in via di estinzione": fuga di massa al Nord, addio per quasi 500mila persone

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Sandro Iacometti
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Per carità, guai a toccare il Mezzogiorno. Culla della civiltà e della cultura, regno dell'allegria e dell'ospitalità, terra genuina e verace, zeppa di bellezze naturali e specialità culinarie che ci invidiano in tutto il mondo. Tutto vero. Però poi vai a guardare il censimento dell'Istat e ti accorgi che nel 2019 la popolazione è scesa di 128.487 unità rispetto ai 12 mesi precedenti. Un paradosso statistico? Un anno sfigato? Vediamo i dati. Dal 2011 (anno dell'ultima rilevazione di tipo tradizionale) ad oggi la popolazione residente in Italia (59.641.488 al 31 dicembre 2019, in leggero calo sul 2018) è aumentata di 207.744 unità. Ma questo conta poco. Come sappiamo, una buona mano ce l'hanno data gli immigrati, che nel periodo sono cresciuti di circa 1 milione (5.039.000 nel 2019) a fronte di circa 800mila italiani in meno. I numeri interessanti riguardano piuttosto i movimenti interni. Già, perché in questi 8 anni le persone non sono rimaste ferme nel proprio paese di origine. No, si sono spostate, con flussi per nulla casuali e tutt' altro che disomogenei. La costante, guarda caso, riguarda proprio il Sud e le Isole, che dal 2011 hanno perso rispettivamente l'1,9 e il 2,3% degli abitanti. Bella forza, direte voi, il Pil procapite della Lombardia o dell'Emilia Romagna è il doppio di quello medio del Mezzogiorno e nel Trentino-Alto Adige c'è un'occupazione al 55,6% contro il 34,9% della Sicilia e il 36,5% della Calabria, ovvio che la gente vada lì in cerca di fortuna.

 

 

VOGLIA DI FUGA
 La fotografia scattata dall'Istat, però, ci dice qualcosa in più. Certo, nell'Italia Nord occidentale la popolazione è aumentata dell'1,4% e in quella Nord orientale dell'1,6%. Il problema è che anche nell'Italia centrale gli abitanti dal 2011 sono saliti, e lo hanno fatto del 2%. Entrando nel dettaglio, si scopre che le variazioni percentuali maggiori si rilevano in Trentino-Alto Adige (+4,7%), Lazio (+4,6%), Lombardia (+3,3%) ed Emilia-Romagna (+2,8%). Ma crescono, seppure in misura minore, anche Toscana (+0,6) e Veneto (+0,5%). La realtà, insomma, è che da qualunque parte la si guardi, il fenomeno che balza agli occhi è la fuga dal Mezzogiorno. Non importa per andare dove, basta non restare lì. Perché il mare, il sole e la buona cucina, evidentemente, non fanno campare bene come un solido lavoro e uno stipendio a fine mese. Intendiamoci, non stiamo scoprendo l'acqua calda. Della questione meridionale si parla almeno dalla fine dell'800 e il flusso migratorio verso il Nord è un dato stranoto. La questione è semmai capire cosa non abbia funzionato negli ultimi dieci anni in cui hanno governato quasi sempre coalizioni politiche attentissime alle ragioni del Sud, partiti che hanno fatto degli aiuti al Mezzogiorno la loro bandiera e la loro ragion d'essere, concedendo al territorio montagne di sussidi e sgravi fiscali.

IL REDDITO GRILLINO
 Basta dare un'occhiata ai dati diffusi ieri dall'Inps sul reddito di cittadinanza per averne un'idea. Sui 2,78 milioni di beneficiari registrati a novembre (la platea si è subito rimpolpata dopo il mese obbligatorio di stop ad ottobre), 1,8 abitano al Sud e nelle Isole, 386mila al Centro e 559mila al Nord. La Campania, con 252mila nuclei percettori dell'obolo grillino, doppia abbondantemente la Lombardia (102mila), che però ha 10 milioni di abitanti a fronte di 5,7 milioni. Trasformare il Sud in una grande area attrezzata per mantenuti, senza affrontare i nodi strutturali del territorio, non sembra una grande idea per farlo ripartire. Chi non riesce a campare (o non vuole farlo) a spese dei contribuenti continuerà a scappare e chi resta non avrà alcun motivo per fare altro che non sia incamerare il maggior numero di aiuti possibili. Il Covid, purtroppo, peggiorerà le cose. Se è vero, infatti, che la pandemia ha danneggiato molto più il Settentrione, in termini di perdita di fatturato, la ripartenza sarà però molto più lenta e difficile nel Mezzogiorno. Secondo lo Svimez il pil del Centro-Nord sarà del 4,5% nel 2021 e del 5,3% nel 2022. Al Sud non supererà l'1,2% l'anno prossimo e l'1,4% quello successivo. Senza un cambio di direzione, il Meridione rischia di diventare un deserto. 

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