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Coronavirus, da sano alla terapia intensiva in poche ore: "Tutto nato da una tossetta", la testimonianza sconvolgente

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Prima una tossetta noiosa, poi una febbriciattola, la fame d'aria e infine la terapia sub-intensiva. E' un'escalation drammatica quella vissuta da Pier Giorgio Scrimaglio, un ex malato Covid che ha raccontato la sua esperienza sul Corriere della Sera. "Ho preso il coronavirus in una forma aggressiva: sono stato ricoverato per nove giorni in terapia sub-intensiva. Ora sono a casa, in convalescenza", inizia così la narrazione dell'uomo, 60 anni ed export manager per la rivista Estetica. Tutto parte il 24 ottobre, quando Scrimaglio avverte un po' di tosse durante una partita di tennis, si prosegue il giorno dopo con il fiato corto e quello dopo ancora arrivano spossatezza e febbre. Nonostante gli antibiotici e il cortisone, prescritti dal medico di base, l'uomo fatica a mangiare e a bere, spesso non è lucido. Tra il 2 e il 4 novembre, dopo la scoperta della positività del tampone, inizia il calvario. "Comincia la fame d’aria, di notte non respiro. Gli amici sono in ansia: vivo solo, in un posto isolato", scrive Pier Giorgio Scrimaglio.

 

 

 

Il 5 novembre diventa necessario il ricovero nel Pronto soccorso Covid. "Uno stanzone enorme, tranquillo, coi letti a cerchio come i carri del West quando sono attaccati dagli indiani. Le lastre ai polmoni evidenziano una polmonite interstiziale bilaterale. Sono disidratato. Mi mettono la mascherina dell’ossigeno che dà un po’ di sollievo, anche psicologico", racconta l'uomo. E ancora: "La notte in qualche modo passa. Un mio vicino di letto muore. Arrivano gli infermieri, gli mettono sopra un 'coperchio' e lo portano via". Il 6 e 7 novembre la situazione peggiora: Scrimaglio viene trasferito nel reparto Covid: "Proseguono le cure. Remdesivir, antibiotici e soluzione fisiologica in flebo. Cortisone in vena ed Eparina in pancia. E quattro litri di ossigeno. Mi portano il casco ventilatore: il rumore è assordante, sembra di essere in macchina a 200 all’ora coi finestrini aperti. Sento che mi fa bene. Lo terrò tutta la notte". L'8 novembre inizia finalmente la guarigione e il 12 il tampone è negativo: "Arrivo a casa mia, calda e accogliente. Faccio una doccia, poi crollo. È il più bel venerdì 13 che abbia mai passato. E non lo voglio dimenticare".

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