Coronavirus, l'indice di gravità della pandemia ai livelli dell'8 marzo: il report conferma, siamo al punto di partenza
È ufficiale: siamo tornati al punto di partenza della pandemia. Un gioco dell’oca mortale al quale tutti abbiamo partecipato, inciampando collettivamente nella casella “torna a marzo”. Proprio quello che (a parole) tutti hanno provato a scongiurare: e invece una dopo l’altra sono crollate le speranze innanzitutto di chi governa, che ha ovviamente le responsabilità maggiori di questa situazione epidemiologica, non essendo stato in grado di fare prevenzione. Eppure i segnali c’erano stati tutti, bastava guardare cosa stava succedendo in Europa: e invece noi abbiamo gonfiato il petto cercando di auto convincerci che “il modello-Italia è il migliore per gestire la pandemia, non siamo nella stessa situazione degli altri Paesi”.
Avremmo potuto anche solo guardare in casa nostra, dove nessuno ha ritenuto rilevante pensare che, con la ripresa della vita lavorativa e scolastica e l’arrivo dell’autunno, il Covid avrebbe nuovamente trovato terreno fertile per dilagare. Si poteva e doveva prevedere e quindi correre ai ripari: e invece gli ospedali sono rimasti gli stessi di sempre, anzi con i reparti Covid che in certe regioni hanno fatto a gara a chi chiudeva prima sperando di non rivedere più l’epidemia. Il tracciamento e l’app Immuni sono stati due buchi nell’acqua clamorosi, tanto che ormai le Regioni chiedono di fare tamponi solo ai positivi: è il segno della resa di un sistema che non ha previsto un piano per la seconda ondata e adesso si barcamena tra chiusure impopolari e “forti raccomandazioni” all'auto-lockdown sperando che basti.
Solo che ora i freddi numeri sono davvero pesanti: l’indice di gravità della pandemia elaborato da YouTrend oggi è a 57 su 100, lo stesso livello dell’8 marzo scorso, quando fu annunciato il lockdown. E quindi si chiude un cerchio: non solo siamo tornati a marzo, ma stiamo ripercorrendo proprio la stessa curva epidemiologica. Soltanto 14 giorni fa l’indice di gravità era sotto 30, oggi è a 57: una crescita esponenziale simile a quella che aveva portato l’indice a toccare quota 95 nei giorni più drammatici dell’epidemia. Con la differenza che stavolta non esiste alcuna giustificazione per l’impreparazione.