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Vincenzo De Luca e il coronavirus in Campania, diktat ai medici: "Ci hanno messo il bavaglio, non possiamo parlare"

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A Napoli l'attesa per fare un tampone non è mai inferiore alle 3 ore. Le guardie giurate fanno appello al distanziamento e chiedono di evitare assembramenti. Usano il megafono, non hanno più voce in corpo. "Siamo alle corde, in meno di una settimana si è scatenato l'inferno", spiega un vigilantes. E in corsia, scrive il Giorno, non va meglio. Nessuna informazione, nessun commento sulla situazione: un muro di gomma. Un medico fa il segno della bocca cucita. "Qui ci hanno messo il bavaglio. Non possiamo parlare con la stampa, voi giornalisti siete peggio del Covid", racconta.

 

 

L'ordine arriva direttamente da De Luca. Nessuna intervista ai medici e ai direttori sanitari, divieto di ingresso in corsia. Nonostante ciò trapela l'impressione che, dopo essere finita sulle copertine di mezzo mondo come esempio di eccellenza, la sanità campana sia alle prese con l'incubo coronavirus di nuovo. Su 665 letti per le degenze 'ordinarie' Covid, ne sono occupati già 550. Con i ritmi di contagio di questi giorni, a fine settimana bisognerà invadere le Terapie Intensive che dispongono a Napoli di altri 55 posti liberi (altri 53 sono occupati). "Sicuramente supereremo gli 800 contagi - riferisce un componente dell'Unità di crisi che preferisce l'anonimato -, a questo punto il coprifuoco sarà inevitabile. Chiusura di tutto alle 20, forse anche alle 18. Per andare a cinema, teatro e palestra se ne parlerà dopo Natale", conclude 

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