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Lega, indiscrezioni dalla procura: "Processo lampo per i commercialisti". Salvini, nuovo fronte dopo la Gregoretti

Francesco Specchia
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 Per una curiosa voluta del destino, proprio mentre a Catania la macchina della Lega appareccchia la «resistenza» contro i magistrati per la faccenda delle Ong - con un'imperlata di convegni da far impallidire i grandi raduni sindacali anni 80 - be', a Milano la Procura si muove in senso inverso. I tre commercialisti della Lega finiti agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta sulla fondazione Lombardia Film Commission potrebbero finire direttamente a processo: i magistrati milanesi che indagano sul caso, il pm Stefano Civardi e il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, stanno valutando se chiedere per loro il giudizio immediato, procedimento caratterizzato dall'assenza dell'udienza preliminare. Un'opzione, questa, resa ancora più concreta dopo la decisione del Tribunale del Riesame di non scarcerare i revisori contabili della Lega, Alberto Di Rubba, ex presidente di Lfc, e Andrea Manzoni, oggi ai domiciliari.

 

 

La nuda cronaca giudiziaria così recita: «Il Tribunale del Riesame ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari per i commercialisti bergamaschi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, revisori dei conti della Lega alla Camera e al Senato. I professionisti, difesi dall'avvocato Piermaria Corso, sono stati arrestati il 10 settembre nell'ambito dell'inchiesta sulla Lombardia Film Commission e indagati per peculato e turbata libertà nella scelta del contraente per la compravendita a prezzi gonfiati del capannone di Cormano dove la Lombardia Film Commission nel 2018 ha preso sede...». E sta bene. D'altronde, da qualche settimana, è chiara l'architettura giudiziara su cui poggia il cosiddetto «caso dei commercialisti» altrimenti detto «l'intrigo del capannone». Per i pm, che hanno acceso l'indagine con l'arresto dei professionisti vicini alla Lega, alla vendita dell'immobile sarebbe legato il percorso di quantitativi di denaro. Denaro che, tornato nella disponibilità dei commercialisti, «parte sarebbe finito sui conti di imprenditori vicini al Carroccio (Francesco Barachetti, che ebbe l'incarico di ristrutturare il capannone per 350mila euro) e parte sarebbe andata a una fiduciaria svizzera, la Fidirev». I magistrati avrebbero ipotizzato che l'operazione Lombardia Film Commission potesse essere servita in parte a creare fondi neri per la Lega.

 

E lì rientrebbe in gioco l'ex tesoriere leghista Giulio Centemero incaricato di gestire i conti dei gruppi parlamentari ; e della creazione di una «contabilità esterna» della Lega che «si sarebbe progressivamente venuta a creare dopo che le procure di Genova e Milano hanno iniziato a indagare sui 49 milioni di euro di rimborsi elettorali...». Alla fine, insomma, si finisce sempre lì: alla ricerca del Santo Graal dei 49 milioni di fondi della Lega. Che in realtà Salvini ha già dichiarato essere stati spesi, e che la Lega sta restituendo, in comode rate. La novità sta nel giudizio immediato, che bloccherebbe i dirigenti leghisti e consentirebbe alla Procura di evitare la tempistica eterna delle procedure ordinarie. Processo, qui e subito...

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