Flavio Briatore e i "furbetti" del Billionare: nomi falsi e tachipirina per andare a ballare. Indagini sul registro degli ospiti
Dopo giorni in cui le agenzie di stampa battono il numero degli infetti al Billionare di Flavio Briatore il registro del locale ora lo sta "sfogliando" Marcello Acciario, responsabile dell'unità Covid nel Nord della Sardegna. Un registro che, come vogliono le norme di prevenzione Covid, contiene nomi dei presenti all'ingresso in discoteca. "Sarà molto utile" — conferma Acciaro al Corriere della Sera — "per individuare chi ha frequentato il locale, a fare una prima cernita fra quelli che già risultano positivi, a tracciare i contatti e gli incroci".
Appunto, gli incroci perché i discotecari sicuramente non si sono fermati ad una serata al Billionare ma hanno transumato tra Phi Beach, il Sottovento, il Sopravento, il Just Cavalli, il Country e via via gli altri, fino forse a San Teodoro, a sud di Olbia. "Se si sanno nomi e cognomi di quelli che sono stati nel locale di Briatore quasi certamente si troveranno gli stessi nomi anche negli altri locali", sostiene Acciaro. Sempre che furboni, come già capitato in passato, non abbiano fornito nomi e numeri di telefono fittizi, come se la salute propria e altrui fosse un gioco. "I gestori delle discoteche — riconosce Acciaro — non sono agenti di polizia. Ma fino a che non vedo gli elenchi non si può dire".
L’attenzione è sulle date fra l’1 e il 17 agosto, giorno in cui Briatore ha deciso di chiudere: stando ai flussi del Billionaire potrebbero essere passate fra le 8 e le 11mila persone, ma fra i clienti c’è chi è ritornato più volte. Basti pensare come sono cresciuti esponenzialmente i contagiati di Briatore, il 21 agosto sono stati resi noti come 6 il numero degli infetti, sei giorni dopo sono 58 i contagiati compreso Briatore, ricoverato al San Raffaele, dove l'argomento Covid sembra quasi da non pronunciare, "prostatite?", poi il bollettino dell'ospedale "è Covid", la foto pubblicata su Instagram e poi cancellata al volo. Sembra di rileggere le cronache degli anni Ottanta quando tanti si ammalavano di Aids ma morivano vergognosamente di altre misteriose patologie
Addirittura, scrive Il Fatto, "per il suo staff è una questione privata. Mi sembra una domanda molto inopportuna", spiegano al giornale diretto da Marco Travaglio, "non credo che sia un'informazione che siamo tenuti a darle, anche qualora lo dovessimo sapere". La verità è tutta contenuta nel registro di Acciaro, che aggiunge: "Io voglio sapere se c'è stato qualche furbetto, tra i clienti o il personale, che pur avendo la febbre, si è preso una tachipirina ed è andato in discoteca. Se lo trovo - e se c'è stato, lo trovo di sicuro -, lo denuncio".