Immigrazione, il dramma dei cittadini di Lampedusa: "Clandestini ubriachi, si sono mangiati i miei cuccioli di cane"
Prima del porto nuovo c'è una strada sulla destra. La riconosci perché, all'angolo, c'è un tizio che affitta mute da sub. Sono vie che conoscono solo i lampedusani. Molti di loro abitano nell'entroterra. In fincas monopiano perimetrate da muretti di pietra viva. La loro altezza non supera il metro da terra. Facilmente scavalcabili. Ma prima, quando le hanno costruite, bastavano quelle. Nel senso, per delimitare la proprietà privata. A Lampedusa i residenti sono quattromila. D'inverno. Si conoscono tutti. O quasi. Si chiamano per nome, per soprannome o con un patronimico. Poi - ti spiegano - la pace è finita con gli sbarchi. Quando l'hotspot di Contrada Imbriacola è al collasso, per le troppe presenze, nelle aree circostanti è l'anarchia, vige la legge della giungla. La strada sulla destra, dicevamo. La si percorre per un tot, poi si gira a sinistra. Finisce l'asfalto e comincia lo sterrato. Poi termina lo sterro e partono i sassi. Alla seconda intersezione sei in mezzo al nulla. Ma sei vicino all'hotspot. Lo sai perché incroci gruppetti di tunisini. Camminano in due o tre, al massimo quattro. Sono reclusi nel centro di prima accoglienza. In quarantena, per via del coronavirus. Sì vabbè, reclusi Ciaone. La rete che delimita il lato Nord è bucata. Un bello sbreco. Basta tirare giù la testa e in un attimo si è fuori. Le autorità lo sanno e non fiatano. «Se chiudono il buco, dentro l'hotspot succede il finimondo. Come nel 2016», ricorda Attilio Lucia, vice coordinatore della Lega lampedusana, «quando i migranti diedero fuoco a un plesso». È una valvola di sfogo. Alcuni ragazzi escono per comprare frutta e farsi due passi sul lungomare. Altri sono meno educati. Si portano fuori i materassi in gommapiuma. Le coperte di pile. Le vaschette con i cibi precotti della mensa. Qualche birra comprata al market giù al porto. E si dirigono nelle campagne attigue.
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IL DRAMMA DI ROSY...
Una di queste appartiene a Rosy. Ed è disperata. Sono quattro anni che sporge denunce. Inutilmente. Il suo ettaro di terra è diventato una discarica. Negli anni ha raccolto centinaia di plaid, monnezza, cocci di bottiglie, escrementi. Ha dovuto fronteggiare un gruppo di dieci migranti ubriachi. Ma c'è di peggio. Le sono sparite galline, capretti e quattro cagnolini. «Se li sono mangiati», è la sua sentenza. Orripilante. Tuttavia è dura credere che i tunisini apprezzino il barbecue canino. Karin, per esempio, ha un palato gourmet. Ci incrociamo lungo il sentiero ciottoloso che porta al buco. Canotta Nike Jordan, shorts di jeans e borsello, si dirige verso il paese per fare acquisti. «Vado a comprare qualcosa da mangiare», annuncia, «oggi, a mensa, c'era un pezzetto di pane così» - fa un gesto con la mano per mimare l'esiguità del rancio - «e una salsiccia di tacchino. Poca roba». Parla abbastanza bene l'italiano. Ma non è qui da noi che sta pianificando il suo futuro. «Devo andare in Francia», precisa, «lì c'è mia moglie». ...
E QUELLO DI KARIN
Karin rimpiange i tempi di Ben Alì: «Prima almeno rubava uno solo, ora rubano tutti». Il trasbordo in barca gli è costato «cinquemila dinari, mille e cinquecento euro, più o meno». È al quattordicesimo giorno di permanenza. Ha finito la quarantena. Tra qualche ora lo porteranno altrove. Ed è contento: «Qui fare la cacca è un problema», confessa, «devo uscire, portandomi dietro una bottiglia d'acqua, e farla sotto un albero». In effetti le frasche adiacenti al buco sono oltre il limite della tolleranza. Un ammasso di materassi, rifiuti e merda. Annunciato da nuvole di mosche e un tanfo nauseante. Ieri a Lampedusa è sbarcato Sami Ben Abdelaali, deputato tunisino. Voleva sincerarsi delle condizioni dei suoi connazionali presso l'hotspot. Ma è stato rimbalzato. Attraverso il prefetto, il ministro Luciana Lamorgese gli ha negato il permesso di visitare Contrada Imbriacola. Un mezzo caso diplomatico. Abdelaali è stato ricevuto dal sindaco Salvatore Martello. Occasione in cui si è lamentato dell'atteggiamento del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il quale ha annunciato di voler tagliare i fondi della cooperazione destinati al suo paese. Poi il membro del Parlamento di Tunisi si è seduto a un tavolino di un bar del porto vecchio e ha incontrato una delegazione di tunisini ospitati presso l'hotspot. La situazione dentro è davvero drammatica, ha appreso il politico nordafricano.
Ci sono ancora quasi settecento persone laddove ne dovrebbero essere ospitate 97. Condizioni inumane, hanno raccontato i migranti: «I servizi igienici sono insufficienti. Nello stesso metro quadrato, c'è chi mangia, chi piscia e chi si china per cagare». Data l'assenza di spazi, si dorme anche nei plessi resi inagibili dall'ultimo incendio. E lì oltre ai wc mancano pure le docce. C'è una pompa. Dove ci si lava a turno. Ma visto che era motivo di risse tra gli ospiti, è stata eliminata pure quella. In sostanza, non ci si lava proprio. In nottata dovrebbe calare il maestrale, consentendo alla nave-quarantena di fare un nuovo carico di migranti. Se non bastassero i guai, in fase di manovra la Azzurra ha tranciato dei cavi telefonici lasciando Lampedusa senza internet. O quasi.