Coronavirus, l'islamico italiano convertito: "Un dono di Dio", radicalizzatore arrestato
Inneggiava ad Allah, sosteneva che il coronavirus fosse "un dono" proprio del Profeta e istigava i propri interlocutori ad abbracciare il jihad globale contro tutti gli infedeli e tagliare teste. È originario di Canosa di Puglia (Bari) e residente a Milano Nicola Ferrara l'uomo di 38 anni arrestato dai Ros nella mattinata di mercoledì 8 luglio nel capoluogo lombardo per aver diffuso attraverso i social la propaganda dello Stato Islamico.
"Avanza fratello, avanza verso la morte, tu che sei coraggioso. Vieni e indossa una carica esplosiva, accorri ed esplodi, così la morte è migliore ed è migliore il destino", scriveva così il pugliese "Issa" come aveva scelto di farsi chiamare, era un radicalizzatore islamico, che dal 2015 ad oggi si è impegnato nel diffondere il credo propugnato dall'autoproclamato Stato Islamico, esaltandone le gesta in chiave apologetica e istigando i propri interlocutori a unirsi al jihad globale contro i "miscredenti".
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L'indagine è iniziata nel febbraio 2018. "Abbiamo monitorato i suoi spostamenti, i contatti e i 3 viaggi fatti negli ultimi anni", ha raccontato Andrea Leo, comandante dei carabinieri del Ros di Milano, "È stato due volte in Qatar e una negli Emirati Arabi, trascorrendo ogni volta 3 mesi prima di rientrare. Il suo obiettivo era imparare la lingua, approfondire l'indottrinamento e trovare un modo per raggiungere l'Afghanistan. Nell'ambiente Ferrara era molto noto ed era diventato un punto di riferimento per neo convertiti italiani".
Ferrara è indagato per "istigazione a delinquere aggravata dall'uso del mezzo telematico" con l'aggravante della finalità di terrorismo internazionale. Ferrara, nato il 12 maggio 1982, era "uno degli esponenti più capaci» della Jihad. L'uomo, che svolgeva lavori salutari e part-time presso sale giochi e un parcheggio a pagamento di Milano, secondo quanto riferito dal pm Alberto Nobili, che ha lavorato all'inchiesta con i colleghi Piero Basilone e Leonardo Lesti, "sapeva muoversi con abilità straordinaria nel mondo del web, in particolare su Facebook e su SoundCloud ed è una persona "capace di trasmettere soprattutto ai giovani quei messaggi che l'Isis da anni tende a divulgare per far sì che chiunque se la senta, uomo o donna che sia", possa qualcosa, anche solo, come dicono 'far uscire un coltello e sgozzarne uno'".
Nei suoi post, inoltre, il 38enne utilizzava un linguaggio "crudele e feroce", da anni usato dall'Isis per incitare i propri seguaci a compiere atti di terrorismo. Parole come "sgozzare, tagliare la testa, sparare ai miscredenti". Sui social, e in particolare su Facebook, dove vantava circa 2mila follower, il giovane diffondeva tantissime immagini di martiri Isis e "tantissime" foto di bambini dell'ambiente islamico morti, quasi come stimolo per sensibilizzare i giovani al martirio.
Il giovane, ha rimarcato ancora il pm, non ha costruito una rete ma seminava "odio feroce" contro gli ebrei e gli occidentali incitando i ragazzi e convincendoli della 'bontà' della dottrina coranica interpretata in modo estremo. Ferrara era inoltre un "collettore". In casa gli investigatori hanno infatti trovato un notevole strumentario informatico. L'uomo era in contatto con numerosi terroristi e aveva contatti con persone arrestate per terrorismo.
Per istigare i giovani, inoltre, diceva loro di "strappare le budella e sgozzare" i miscredenti. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Ferrara si era trasferito a Milano nel 2010 e dal 2015 aveva iniziato la sua attività di radicalizzatore. Il giovane era stato notato conversare dopo la preghiera fuori dall'associazione culturale Al Nur di via Carissimi, 19 (zona viale Zara), in abiti musulmani, con un elevato numero di giovani, anche minorenni. Fatto che ha subito suscitato l'attenzione da parte degli investigatori. Vero "camaleonte", Ferrara se si sentiva controllato o pedinato, si cambiava d'abito, 'camuffandosì con vestiti occidentali. La sua attività si concentrava prevalentemente sul web.
Nel luglio 2001, quando aveva 19 anni, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, Ferrara, era stato arruolato per servizio di leva nell'Aeronautica Militare, transitando dopo un mese nell'esercito e come "Lanciere di Montebello, è stato impiegato nella missione bilaterale di peacekeeping 'Die' in Albania» ed era stato poi congedato nel dicembre 2002 per cessazione della ferma".