Coronavirus, il report dell'Iss: 11 giorni tra il primo sintomo e la morte, la ricerca che cambia le carte in tavola
Un lungo report diffuso dall'Istituto superiore di Sanità sull'emergenza coronavirus. Un'analisi su casi, decessi, distribuzione territoriale. Ovvia la sproporzione a sfavore della Lombardia: quasi la metà dei morti sono stati registrati in questa regione; seconda più colpita l'Emilia Romagna, poi Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana. L'età media dei quasi 33mila morti conteggiati nel report (numero inferiore alle vittime totali) è di 80 anni; inoltre la malattia come è noto ha colpito meno le donne degli uomini. Nel dettaglio le donne decedute sono 13.692, il 41,6% del totale. E ancora, si scopre che i morti al di sotto dei 50 anni sono — all'11 giugno — 366: l'1,1% del totale. 83 di loro avevano meno di 40 anni (53 uomini e 30 donne con età compresa tra i 0 e i 39 anni). 62 di loro avevano gravi patologie preesistenti; 14 non sembravano averne; di 7 pazienti di età inferiore ai 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche.
Ma vi è un dato che sorprende, che fino ad oggi probabilmente non era stato inquadrato. Ed è quello relativo al tempo che trascorre tra l'insorgere di uno dei sintomi del coronavirus alla morte: in media, 11 giorni. Un tempo ridottissimo e che, ad oggi, era probabilmente sovrastimato. E ancora, sono indicati i tempi mediani dall’insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale (5 giorni) e dal ricovero in ospedale al decesso (6 giorni). Il tempo intercorso dal ricovero in ospedale al decesso è di 4 giorni più lungo nei pazienti che sono stati trasferiti in rianimazione rispetto a quelli che non sono stati trasferiti (9 giorni contro 5 giorni).
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Infine, per quel che riguarda i sintomi che hanno portato al ricovero, i più comuni sono febbre e dispnea, ossia la difficoltà a respirare. Poi tosse e in percentuale minimia diarrea ed emottisi. Focus infine sulle malattie croniche preesistenti più comuni nei pazienti che hanno perso la vita: in primis l’Ipertensione arteriosa (67%), Diabete mellito-Tipo 2 (30,3%), la cardiopatia ischemica, (27,8%) e la fibrillazione atriale (22 per cento) oltre allo scompenso cardiato (15,7%).