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La Cassazione su Sallusti: "Carcere legittimo". Tutta colpa dei politici

La Quinta sezione: "Condanna eccezionale ma corretta. Ma manca una razionale e coerente riforma della pena"
di Giulio Bucchi sabato 27 ottobre 2012

2' di lettura

E’ legittimo il carcere nei confronti del direttore del Giornale Alessandro Sallusti: la quinta sezione penale della Cassazione ha emesso le motivazioni della condanna a 14 mesi per diffamazione a mezzo stampa del giudice Giuseppe Cocilovo. La corte ha rilevato come "la storia e la razionale valutazione di questa vicenda hanno configurato i fatti e la personalità del loro autore, in maniera incontrovertibile, come un'ipotesi eccezionale, legittimante l'inflizione della pena detentiva". Pena eccezionale,  ma legittima, dunque. Ma c'è di più: secondo la Cassazione la responsabilità è soprattutto politica, perché sul nodo della diffamazione manca una riforma coerente e razionale. "Il legislatore, la dottrina e la giurisprudenza si confrontano da tempo sul tema della concezione pluridimensionale della finalità della pena", spiegano i giudici della Cassazione, "senza raggiungere una condivisa scelta e una razionale e coerente riforma".  Senaldi: "Giudici antropologicamente diversi? Forse aveva ragione il Cav" Guarda il videoeditoriale su LiberoTv   "Spiccata capacità a delinquere" - Leggendo le motivazioni della Cassazione, non può però sfuggire un passaggio pesantissimo: gli ermellini, citando la Corte europea, ricordano che il carcere per la diffamazione rientra tra le "ipotesi eccezionali" tuttavia legittime nei casi di "condotte lesive di diritti fondamentali". Nel caso specifico, la suprema Corte mette in evidenza "la spiccata capacità a delinquere, dimostrata dai precedenti penali dell'imputato" e "la gravità del fatto delineata dalle modalità di commissione di fatti caratterizzati da particolare   negatività". "Spiccata capacità a delinquere" perché Sallusti è "recidivo". Insomma, il direttore del Giornale ed ex direttore responsabile di Libero viene descritto come un delinquente patentato. E tutto perché a suo carico ha "sette pregresse condanne per diffamazione di cui sei in relazione all’ipotesi prevista  dall’art. 57 c.p.". Nel caso dell'articolo in questione (un commento firmato da Renato Farina, con lo pseudonimo di Dreyfus, su Libero del febbraio 2007) "nell’ambito di un lecito quadro di dissenso per la disciplina legislativa dell’aborto" si è attuata, secondo la Cassazione, una "illecita strategia di intimidatrice intolleranza, di discredito sociale, di sanzione morale, diretta contro il magistrato".  "Sentenza scritta da infami" - Non si fa attendere la replica dello stesso Sallusti: "Chi ha scritto la sentenza contro di me è una persona infame", scrive il direttore del Giornale su Twitter. "Non si può giocare con la vita delle persone, il presidente della Cassazione dovrà risponderne anche a mio figlio", prosegue un combattivo Sallusti. E Antonio Di Pietro, leader Idv non certo imputabile di antagonismo nei confronti di giudici e magistratura, ribadisce: "Credo che ci siano altre maniere per sanzionare una diffamazione, sono tra i primi a dire che non bisogna mandare in carcere i giornalisti". Secondo l'ex pm "condannando al carcere c'è il rischio che alla stampa venga impedito di esprimere le proprie idee".        

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