Beccati altri 81 assenteistiMa si tengono il loro lavoro

All’istituto case popolari di Messina irregolarità dall’85% dei dipendenti. Negli ultimi mesi un’infinità di casi, non solo al sud
di Andrea Tempestinisabato 15 dicembre 2012
Beccati altri 81 assenteistiMa si tengono il loro lavoro
4' di lettura

  di Andrea Scaglia «Un problema che si mantiene stabile verso il basso a livelli fisiologici»: così neanche un mese fa parlava d’assenteismo il tecnicissimo ministro della Pubblica Amministrazione Patroni Griffi, con un’acrobazia sintattica di sapore socio-farmacologico che per la verità un po’ ricorda il mitico «sono completamente d’accordo a metà col mister» dei primi Gialappa’s. E comunque, tutto sta a intendersi: a qual punto della scala si pone allora quest’ultima sconcertante vicenda messinese? È emersa in seguito a un’indagine della Finanza, che ha controllato come si lavora all’istituto autonomo case popolari del capoluogo etneo, anche piazzando telecamere agli ingressi. E dunque ecco: su un totale di 96 dipendenti (pubblici), addirittura 81 - l’85%! - erano abituati a entrare e uscire dall’ufficio - più uscire che entrare  - senz’alcuna preoccupazione per orari e mansioni e quant’altro. Assenteismo di massa. E cioè, per capirci: a piccoli gruppi si mettevano d’accordo fra loro, poi uno (a turno) a timbrare tutti i cartellini e gli altri a farsi i fattacci propri - spesa, commissioni, interi pomeriggi al bar, gite fuori porta, altre occupazioni non identificate. Complessivamente circa 1.500 ore di assenze ingiustificate - e attenzione, ché la Finanza era soltanto un mese che indagava. Penalmente parlando, l’accusa è truffa ai danni dello Stato: in quattro si son beccati l’arresto domiciliare, mentre per 54 è stato invece disposto l’obbligo di firma. Un provvedimento, quest’ultimo, che invero suona  quasi paradossale. Nel senso che i furbetti in questione dovranno siglare l’apposito foglio in caserma all’inizio e alla fine dell’orario di lavoro, e al di là della barbina figuraccia da liceale indisciplinato continueranno comunque a godere di impiego e relativo salario. Che va bene, prima ci vuole il processo e la sentenza e il licenziamento arriverà eventualmente in caso di condanna (oltre a una pena fra uno e cinque anni di reclusione). Ma insomma, dando merito agli eroici 15-impiegati-15 che invece hanno lavorato e lavorano come si deve - mai fare d’ogni erba un fascio - ragionevolezza vorrebbe che, d’altro canto, chi s’intasca senza far nulla o quasi i soldi pubblici, magari potrebbe addirittura essere sospeso, o no? E se da una parte ci si può immaginare che, per soggetti del genere, la vera condanna sia dover lavorare, d’altronde ci rendiamo conto: un discorso del genere potrebbe in breve tempo mettere in ginocchio l’intera struttura dell’amministrazione pubblica italica, a cominciare dal Parlamento - e scusate, è vero, siamo scivolati sulla classica deriva demagogica e populista, ma tant’è. Peraltro, sulla suddetta questione - sospensione dal lavoro o no - anche gli stessi giudici non si dimostrano d’accordo. In che senso? Neanche un mese la Procura di Modica - povera Sicilia... - ha chiuso un’inchiesta sull’assenteismo in Comune: consueta casistica tragicomica - impiegati che manomettevano l’orologio marca tempo, altri che andavano a trovare gli amici o accudivano i figli, addirittura uno che piuttosto che lavorare passava ore e ore in macchina ad ascoltar musica - e ben 106 richieste di rinvio a giudizio. Per 86 indagati, il procuratore ha chiesto - e l’aveva già fatto nel maggio 2011 - gli arresti domiciliari e la sospensione dell’esercizio di pubblico servizio. Niente, il gip ha rigettato le richieste. Assenteisti sì, ma licenziati mai. Tornando poi all’«assenteismo fisiologico» by Patroni Griffi, e facendo una sommaria ricerca sugli episodi circoscritti alla pubblica amministrazione, oltretutto limitandola agli ultimi casi eclatanti, ecco, si rimane basiti.  Per dire, oltre a Messina e Modica: il 19 novembre cinque arresti a Foggia - una psicologa, due impiegati e due infermieri della Asl. In ottobre la faccenda degli spazzini di Castellamare di Stabia, con 19 lavoratori della società addetta ai servizi ambientali assenti ingiustificati per oltre 23mila ore - e secondo il calcolo azzardato ma evocativo della Procura, un loro caffè è costato alla collettività circa un milione di euro. E sempre  in ottobre i 21 assenteisti indagati presso l’Azienda sanitaria di Vibo Valentia. E pochi giorni prima gli undici dipendenti comunali arrestati a Pedace, nel Cosentino - fra i quali anche il capo dei vigili - identificati dopo le segnalazioni dei cittadini esasperati dalle lunghe e infruttuose attese e le innumerevoli pratiche inevase. E ancora, i 13 indagati dell’ufficio del garante per la tutela dei diritti dei detenuti in Sicilia. E i 45 dipendenti del Comune di Taranto sotto inchiesta, sempre per assenteismo. E ripetiamo, questo solo limitandosi ai casi più clamorosi degli ultimi mesi. Ma attenzione anche ai luoghi comuni. Perché se è vero che al Sud il problema ha raggiunto livelli non più sopportabili, non è che il Nord ne sia immune. Giusto lo scorso settembre, 40 dipendenti della Direzione e delle sovrintendenze per i beni culturali del Friuli Venezia Giulia sono stati iscritti nel fatal registro - e le accuse per gli assenteisti sono sempre quelle, truffa aggravata ai danni dello Stato e falso materiale in atto pubblico. E poi c’è la storia dei professori fantasma dell’Università di Genova, denunciati dagli stessi studenti sconcertati dalle cattedre incustodite e su cui la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo. Fino alla vicenda di Rovigo, dove prima dell’estate la Procura ha chiesto 77 rinvii a giudizio per altrettanti dipendenti della Regione Veneto - nella sede cittadini in tutto sono 115 - che aggiravano cartellini e orari per sbrigare le loro personali faccende in orario pubblicamente retribuito. Proprio come i loro colleghi messinesi e foggiani e campani. Evviva l’Italia unita.