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La notte è il momento più bruttoEcco come passarla

Cigolii, batticuore e la casa che può ingoiarti. Le notti di chi non dorme più
di Lucia Esposito sabato 2 giugno 2012

2' di lettura

Sembra facile. Cosa c’è di più naturale di dormire? È che il terremoto, terremota. Tutto. A cominciare da quello che è più naturale. Se sei in una zona che la scossa l’ha sentita forte, ma non abbastanza da giustificare l’abbandono di casa, è il peggio. Perché devi dormire dentro. E come fai? A ogni rumore, ti svegli. Uno scricchiolio e scatti. Guardi il lampadario. Lo chiamano sonno lieve. Ma è una tortura. Dormi, sì. Tra mille interruzioni. Come una sentinella. Di una guerra che non si vede. Con un nemico che ha una forza incommensurabile. Capirai come puoi vegliare. Morale, la mattina sei più stanco di prima.  Ci si inventa trucchetti che si sanno inutili. Dormire con la tuta, dormire in taverna. In garage.  Oppure in corridoio. Così alla prima vibrazione, dici, ti scaraventi giù per le scale. O ancora vai altrove, in una casa in campagna. Purché al piano terra. Come se bastasse.  Se, invece, sei più vicino a quello che è stato il cuore del finimondo, il problema non si pone. Si dorme in macchina. Ma dopo un po’ hai le ossa rotta. Allora pianti la tenda in giardino o, se sei fortunato, prendi un camper. Ma anche così, non si creda sia una meraviglia. La brandina non è un materasso. E il camper, ogni due o tre giorni, va svuotato dei rifiuti. E serve la presa di corrente, l’acqua. «Ma sei più rilassato perché sei fuori», spiega Laura, 26 anni. Dalla casa, dal pericolo. E poi, anche così, ogni tanto in casa ci devi tornare. Per prendere i vestiti, lavarti. Daniela, per dire, si lava a pezzi. «Faccio la metà sopra, mi vesto, poi il resto. Non si sa mai, così sono pronta per scappare». Loretta l’ultima doccia normale che ha fatto è stata lunedì. E se la ricorda. «È stato quando è arrivata la seconda scossa. Mi è venuto un accidenti. I piedi bagnati, la ceramica: non riuscivo a muovermi». Ancora adesso, che dorme in tenda , se lo sogna. Nuda, bagnata. Deve fuggire e non ci riesce. Per questo ha iniziato a prendere le gocce. Per dormire decentemente.  La notte più brutta, però, è quella dei bambini. Per loro il buio è la scossa infinita. Quella che viene giù tutto, i genitori urlano, non si sa più niente. Per questo vogliono stare fuori. Ma non troppo lontano. Perché  «casa» è il pericolo, ma anche la vita normale, di prima. Allora pianti la tenda in giardino. Solo che alle sei diventa un forno. E ti svegli. Se la notte è in tenda, sei con sei estranei. Altrimenti quattordici. E non è un bell’andare. Così si finisce per dormire male. Anche al sicuro. Forse perché il sicuro, qui, non c’è.  di Elisa Calessi 

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