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Torino, si indaga sugli appalti del Comune di Fassino

Il procuratore Caselli: "Abbiamo acquisito i documenti, non c'è nessuna ipotesi di reato". Il sindaco: "Tutto in regola"
di Giulio Bucchi sabato 13 ottobre 2012

3' di lettura

E adesso ci penserà la Procura, a far (se sarà il caso) penale chiarezza su questa storia degli appalti distribuiti senza gara dal Comune di Torino. Il procuratore capo Gian Carlo Caselli ha subito precisato che «è stato aperto un fascicolo, ma senza indagati né ipotesi di reato». Quel che è certo è che è stato acquisito il cd che nelle scorse settimane ha provocato non poco imbarazzo al sindaco Piero Fassino. Un dischetto contenente migliaia di contratti (addirittura 6.672) sottoscritti con società esterne dal Comune stesso negli ultimi sei anni - dunque riferibili, oltre che al primo anno della gestione Fassino, anche e soprattutto alla seconda legislatura guidata da Sergio Chiamparino - e il cui contenuto è stato messo in rete dal Movimento 5 Stelle. Appalti riguardanti affidamenti fino a 20mila euro, dunque assegnabili senza gara, e trattative private fino a 200mila, e anche estensioni di commesse già assegnate con gara e superiori ai 200mila euro. Era stata proprio una “grillina”, Chiara Appendino, a sollevare la questione nel febbraio scorso. Quattro incarichi - Politici e giornalisti stanno quindi spulciando con attenzione l’elenco, per eventualmente scovare situazioni di cui  chieder conto. Ma il nome intorno al quale si sono susseguite discussioni e polemiche è quello di Anna Martina. Manager capace e quotata, che nell’attuale organigramma di Fassino si occupa di relazioni internazionali, mentre prima - con Chiamparino - ha rivestito tra gli altri i ruoli di direttore del Servizio Centrale Comunicazione Strategica, Turismo e Promozione e anche di responsabile della Divisione Cultura. Di fatto gestendo i più importanti eventi torinesi degli ultimi anni, comprese le Olimpiadi invernali del 2006 e le celebrazione per i 150 anni dell’Unità d’Italia. E distribuendo qualcosa come 18 milioni di euro, per l’appunto in appalti e commesse e consulenze assegnate direttamente da lei o comunque dai dirigenti che a lei facevano capo. Per intenderci: solo nell’anno delle Olimpiadi il suo settore ha deliberato su 176 affidamenti per complessivi 10 milioni. E però, in particolare, sono quattro gli atti che tanto turbamento hanno provocato dalle parti di Palazzo Civico. Risalenti agli anni 2008 e 2009, dunque gestione Chiamparino. Quattro incarichi assegnati dalla Martina alla società Punto Rec Studios, per la verità davvero rinomata nel settore audio, e però di cui è socio - con il 44% delle quote - Marco Barberis, figlio 29enne della dirigente in questione. Due di questi provvedimenti sono stati firmati da altri funzionari di settore, gli altri due - risalenti per la precisione al 9 settembre 2008 e al 13 ottobre 2009 - portano la sigla della stessa Martina. Lei ha spiegato che «è tutto regolare, la Punto Rec è una delle migliori società nel suo settore [vero, ndr]». E ancora: «Ho fatto solo un errore, non penso di dovermi dimettere, non mi sono nemmeno accorta che si trattava della società di mio figlio» - giustificazione, quest’ultima, che per la verità ha provocato sarcastici commenti in Comune e sulla stampa. Inchiesta interna - Fassino ha dunque dovuto parlare della cosa in Consiglio comunale. Ammettendo che «il codice di comportamento che regola le attività dei dipendenti pubblici prevede che il dipendente stesso debba astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero di suoi parenti entro il quarto grado», dunque dando mandato al direttore generale del Comune Cesare Vaciago di approfondire il caso. Controrisposta della Martina: «Fino a ieri non lo conoscevo, questo codice». Per poi ribadire che «non mi sono accorta di firmare una determina che riguardava mio figlio Marco. Una distrazione». Chissà se la spiegazione si rivelerà sufficiente, anche in considerazione del fatto che qualche problema con incarichi distribuiti a persone a lei vicine Anna Martina li aveva già avuti proprio in occasione di “Italia 150”, con la mostra “Fare gli italiani” che aveva tra gli organizzatori il marito Walter Barberis - e comunque anche in questo caso non si tratta certo di personaggio fuori luogo, essendo docente universitario di Storia nonché segretario generale della casa editrice Einaudi. Tant’è. Fin’adesso la stessa opposizione non ha rinfacciato alla Martina eventuali responsabilità penali, ma solo le indubbie questioni di opportunità politiche. Adesso indagano anche i magistrati. E certo non solo su questi quattro atti, ma su tutti gli appalti distribuiti senza gara dal Comune di Torino. di Andrea Scaglia

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