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Processo Ruby, i dubbi del giudice: "La statua del Cav era in erezione?"

di Giulio Bucchi sabato 20 ottobre 2012

3' di lettura

  di Andrea Morigi Risolto il mistero della statuetta. Se la verità giudiziaria è destinata a tramandarsi negli annali di storia patria, ebbene, ieri al Tribunale di Milano, si è finalmente chiarito un punto cruciale delle cronache repubblicane. Forse non si studierà mai nei manuali di storia dell’arte, ma un fatto è certo: a Villa San Martino, residenza di Silvio Berlusconi, è conservata effettivamente la mitica statuetta lignea, che rappresenta però il dio africano della fertilità e non Priapo come invece avevano riferito alcune ragazze ospiti delle cene eleganti con il Cavaliere e la sua corte dei miracolati. La testimonianza - La conferma arriva da Lorenzo Brunamonti, assistente alla persona dell’onorevole Berlusconi, chiamato a testimoniare di fronte alla corte d’assise. Quando il maggiordomo risponde alle domande del collegio di difesa apprendiamo che l’oggetto intagliato si aggira sui dodici-tredici centimetri di lunghezza e raffigura un uomo nudo. Si vede che non si sta discutendo esattamente del suo argomento preferito. Gira intorno alla descrizione, forse per pudore finché non è costretto all’angolo dalla presidente della giuria, Giulia Torri che lo inclaza: «La statuetta aveva il membro in erezione?». «No», dichiara secco Brunamonti e contribuisce così a svelare, smitizzandolo una volta per tutte uno dei maggiori segreti di Arcore. Si era favoleggiato a lungo di giochi erotici proibiti con quella sorta di idolo pagano. Pareva addirittura che, giunte al culmine dell’ebbrezza, le sacerdotesse del culto fallico si abbandonassero lascive ad adorarlo. Una certa Chiara Danese aveva perfino descritto, al processo in corso a Milano, una scena da rito orgiastico, con le più assatanate che «baciavano il pene della statuetta di Priapo e simulavano rapporti orali». Pareva che lo stesso Cavaliere si fosse fatto «portare una statuetta con un grande pene che chiese alle ragazze di baciare. Le ragazze si facevano toccare da Silvio mentre facevano sesso orale con la statuetta». Ora, la vicenda viene notevolmente ridimensionata, se non proprio catalogata fra le fantasie. Ci si domanda se fosse necessario discuterne in un tribunale. Senza obbligatoriamente cadere nell’oltraggio alla corte, ci si può legittimamente interrogare sulla rilevanza del particolare ai fini della colpevolezza o dell’innocenza dell’esponente politico imputato. In tempi di spending review sorge più che naturale una certa curiosità sull’utilizzo delle risorse pubbliche all’interno del sistema giudiziario italiano. Sono le tasse che paghiamo noi, in fondo, a sostenere l’amministrazione della giustizia. Fra l’altro, è noto che i tempi lunghi dei procedimenti penali e civili situano il nostro Paese agli ultimi posti della classifica, facendoci meritare le reprimende degli organismi internazionali. E la magistratura che fa? Risponde intrattenendosi su argomenti certamente delicati ma decisamente più appropriati per una clinica urologica.  L’oggetto lubrico - Eppure, forse ci voleva anche questo. Mancava soltanto un decreto di perquisizione che sequestrasse il presunto oggetto lubrico. A questo punto potrebbero pensarci gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo, del collegio di difesa, a portare la statuetta in aula, per chiarire ogni ulteriore dubbio e verificare con apposita perizia - non a spese del contribuente - la consistenza dell’argomento accusatorio. Benché la smentita del maggiordomo si possa già certamente considerare fra gli elementi a favore dell’imputato per concussione e prostituzione minorile, qualche cronista giudiziario presente in aula la considera allo stesso tempo un cattivo presagio, anche se ininfluente dal punto di vista processuale. Già le statuette portano poca fortuna a Silvio, come già la miniatura del Duomo di Milano. Se poi abbassano le pretese è davvero un brutto segno.

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