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Tasse locali aumentate del 500%Ecco dove non conviene vivere

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 21 luglio 2013

2' di lettura

Il federalismo fiscale era una bellissima idea: paghi le tasse a casa tua e vedi subito come sono utilizzate. Meglio che pagare lo Stato centrale e poi perdere le tracce in milioni di rivoli di spesa. Così negli ultimi venti anni man mano lo Stato ha ceduto competenze e relativi poteri impositivi a Regioni, province e comuni. Solo che non ha reso più efficiente la spesa pubblica e più digeribili le tasse. Il federalismo si è trasformato in un vero e proprio macello. Alimentato dalla carne fresca dei contribuenti, prima ingolositi dalla prospettiva e poi macellati dalla realtà. Dal 1992 ad oggi grazie al federalismo fiscale le tasse locali sono sestuplicate (aumentate del 500%), mentre quelle centrali non solo non si sono ridotte, ma sono raddoppiate. Nell'articolo di Franco Bechis - su Libero in edicola oggi 16 luglio - si scopre che il modello federale ha prodotto enormi differenze fiscali all’interno del territorio italiano, creando situazioni di enorme disuguaglianza fra i cittadini e rendendo assai difficile anche per le imprese la scelta delle proprie localizzazioni produttive. Le addizionali Irpef degli enti locali (Regioni e comuni) sono passate negli ultimi dieci anni dal 4,2 all’11,2% dell’Irpef gravante sui salari del lavoratore single, mentre sono salite dal 5,8 al 17,1% dell’Irpef complessiva per i lavoratori con carichi familiari. Per giunta con profonde differenze territoriali: se in Molise, Campania e Calabria le Irpef locali ammontano al 2,83%, in Lazio al 2,63%, in Calabria al 2,53% e in Piemonte al 2,41%, nel Trentino Alto Adige pesa la metà: 1,23% per la provincia autonoma di Trento e addirittura 1,10% per quella di Bolzano. Stessa divaricazione nelle aliquote fiscali locali sulle imprese (Imu e Irap). Se apri un insediamento produttivo in Molise o Campania il fisco di quelle zone ti porta via il 6,03% fisso. In Calabria, Sicilia, Marche, Lazio e Puglia poco meno. In Lombardia basta però il 4,77%, in Basilicata ancora meno: 4,66%. A Trento il 4,22%. In Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano le aliquote più basse: 3.74%. Mettendo insieme imprese e famiglie la regione campione della pressione fiscale locale è il Lazio, che sfiora il 5% del valore aggiunto regionale. Sopra il 4% anche la Campania, ma appena sotto e oltre la media nazionale ci sono anche nell’ordine Abruzzo, Liguria, Lombardia, Sicilia e Molise. 

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