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Marò, l'India toglie l'immunità all'ambasciatore italiano

La Corte Suprema ha imposto a Daniele Mancini il divieto di lasciare il Paese almeno fino al 2 aprile
di Lucia Esposito domenica 24 marzo 2013

I due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre

2' di lettura

L’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancini, non ha titolo all’immunità diplomatica: lo ha sentenziato la Corte Suprema indiana, che giovedì scorso aveva già ordinato al massimo rappresentante dell’Italia di non lasciare il Paese dopo la decisione del governo di Roma di non far rientrare in India i due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati dell’omicidio di altrettanti pescatori, e il cui permesso speciale scadrà comunque solo il 22 marzo. "Una persona che si presenta in aula e formula una promessa del genere", ha dichiarato il presidente della Corte, Altamas Kabir, "non gode di alcuna immunità". Mancini, che non era presente in aula, si era impegnato per il ritorno a tempo debito nel Paese asiatico di Girone e Latorre. La Corte Suprema indiana ha quindi  imposto all'ambasciatore italiano Daniele Mancini di non lasciare il Paese almeno fino al 2 aprile, dichiarando di non riconoscere la sua immunità diplomatica. Lo riferiscono i media indiani.  Ad una domanda sul fatto che l'ambasciatore Daniele Mancini è anche accreditato in Nepal e potrebbe dover viaggiare a quel paese,  i  giudici sono stati prudenti: ''Ci muoviamo in un terreno molto delicato " e ricorre al proverbio che dice ''vediamo come attraversare il ponte quando vi arriveremo''. Peraltro, ha concluso, ''non abbiamo al momento ricevuto alcuna richiesta in questo senso'' Grave violazione Già la scorsa settimana i giudici indiani avevano allertato gli aeroporti nazionali ordinando al massimo rappresentante dell'Italia di non lasciare il Paese dopo la decisione del governo di Roma di non far rientrare due maroò il cui permesso speciale scadraà comunque solo il 22 marzo. Dal canto suo, il difensore dei due militari italiani e dell'ambasciatore Mancini, Mukul Rohatgi, ha ricordato alla Corte suprema che in base alla Convenzione di Vienna la figura del diplomatico è inviolabile e che quindi ''nessuna autoritaà puo' imporre restrizioni sui suoi movimenti''. 

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