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Mafia, Provenzano: chiesti 9 e 6 anni per Mori e Obinu

Mancata cattura del boss, il pm Di Matteo contro generale e colonnello: "Hanno tradito la Costituzione per obbedire alla trattativa tra Stato e Cosa Nostra"
di Giulio Bucchi domenica 26 maggio 2013

2' di lettura

Nove anni di carcere per l'ex generale dei carabinieri Mario Mori, sei anni e sei mesi per il colonnello Mauro Obinu: è la richiesta del pm Nino Di Matteo, che accusandoli di favoreggiamento alla mafia ha richiesto per entrambi gli imuputati anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Di fronte ai giudici della quarta sezione del Tribunale di Palermo, che presiedono il processo sulla latitanza e la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995, nel quadro della trattativa tra pezzi dello Stato e la mafia del 1992-93, il pm ha invitato a valutare "la gravità delle condotte contestate ai due ufficiali"'. Si renderà onore alla verità - ha continuato Di Matteo - e al sacrificio di tanti uomini dello Stato, di tanti carabinieri, che affrontano i rischi del loro lavoro senza compromessi". Presenti in aula anche il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e il pm Francesco Del Bene.  "Tradita la fedeltà alla Costituzione" - "Gli imputati Mori e Obinu hanno tradito la fedeltà giurata alla Costituzione, alle leggi e all'Arma dei Carabinieri", è il durissimo attacco di Di Matteo che ha chiuso oggi la sua requisitoria, durata quattro udienze. "In queste quattro lunghe udienze abbiamo sottolineato i numerosi gravi e convergenti elementi di prova che vanno oltre ogni ragionevole dubbio. Mori e Obinu - ha spiegato il pm -, obbedendo a un indirizzo di politica criminale, hanno ritenuto di trovare una sciagurata soluzione nell'assecondare le fazioni più moderate di Provenzano e di Cosa Nostra, che avrebbe garantito l'abbandono di uno scontro violento. E' questa l'essenza del processo". "Non è stato facile accusare due ufficiali dei Carabinieri, non è stato agevole affrontare un processo che fosse inteso come un processo a tutto il Ros - dice ancora il procuratore -. E' scorretto definirlo come processo frutto della volontà di riscrivere la storia. E' stato un processo scaturito per necessità di giustizia e dall’obbligatorietà dell'azione penale".

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