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Caso Orlandi, il supertestimone e il mistero della 127: altro depistaggio?

Poche ore dopo la scomparsa della giovane, nel giugno 1983, un pescatore raccontò di un'auto lasciata cadere dal Ponte della Magliana. Fassoni Accetti: "Tutto organizzato"
di Giulio Bucchi domenica 28 aprile 2013

2' di lettura

"Un depistaggio". Oppure, un contro depistaggio? Il giallo di Emanuela Orlandi (così come quello, gemello, di Mirella Gregori e l'omicidio di Katy Skerl) si infittisce proprio quando si apre uno squarcio sul mistero. Il supertestimone Marco Fassoni Accetti ha da poco rivelato di essere stato il "telefonista" del rapimento della Orlandi, un'operazione orchestrata ad arte da un presunto "nucleo di controspionaggio" formato da esponenti dei servizi segreti e della banda della Magliana che compiva "lavori sporchi", scrive Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera, per conto di ambienti vaticani. L'obiettivo? Condizionare la politica e la linea strategica della Santa Sede in un momento cruciale, era il 1983, dello scacchiere internazionale, tra Guerra Fredda e crisi del comunismo. Il mistero della 127 - Ebbene, Fassoni Accetti è intervenuto su un episodio che molto peso ebbe nelle prime indagini sulla scomparsa della Orlandi: il 23 giugno 1983, 19 ore dopo quel fatto (non ancora divenuto pubblico) un pescatore rivelò di aver visto due giovani "a valle del ponte della Magliana" far cadere nella scarpata una 127 da cui, aggiunse il pescatore, sporgeva penzolante un avambraccio. L'auto fu cercata per giorni, il timore era che a bordo di quell'auto ci fosse proprio il cadavere della Orlandi. "Sequestro sceneggiato" - Invece, è la testimonianza di Fassoni Accetti, la ragazza era altrove e quello della 127 era solo un altro depistaggio. "Era un sequestro sceneggiato, no? Non dimenticate che io sono un artista. E che con le scenografie, i manichini ho sempre lavorato...". Quel braccio penzolante, dunque, sarebbe stato di un manichino. D'altronde, il supertestimone era titolare di uno spazio adibito ad eventi artistici, con magazzini pieni di scenografie, statue e, appunto, manichini. 

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