«Gianstefano Frigerio, 75 anni, sta rischiando di morire nelle civilissime carceri italiane. Siamo tornati al Medio Evo». L’europarlamentare di Fi e medico Isabella "Susy" De Martini ieri nel primo pomeriggio ha ottenuto il permesso di incontrare per una visita medica urgente nel carcere di Opera (Milano) l’ex parlamentare democristiano arrestato per le presunte mazzette collegate a Expo 2015. De Martini stila la cartella medica di Frigerio: «Soffre di ipertensione e attacchi anginosi, ha crisi di ansia e si sente soffocare. Grida: "Questa è la mia fine"». Si muove in sedia a rotelle ed è costantemente assistito da personale specializzato che provvede anche a fargli la barba e la doccia. Lo psichiatra del carcere gli ha prescritto degli antidepressivi che secondo De Martini potrebbero avergli causato un blocco intestinale. Per questo i medici del penitenziario gli hanno proposto una colonscopia che Frigerio sta rifiutando, ritenendola troppo invasiva, considerata la sua precaria condizione di detenuto. A tutto questo occorre aggiungere la quasi cecità: «Gli rimane un solo decimo da un occhio. Basta una piccola ischemia da stress per oscurare definitivamente il suo mondo» rincara l’avvocato Manola Murdolo, difensore dell’ex politico. Ormai Frigerio è un uomo circondato da ombre e ha riconosciuto Murdolo e De Martini solo dalle voci. Un quadro clinico che nel 2001 aveva consentito all’ex politico di scontare una pena residua di 4 anni per Tangentopoli ai domiciliari. Una sensibilità che è mancata, 13 anni dopo, ai pm milanesi. Certamente informati delle sue precarie condizioni di salute, se è vero, come sottolineano i legali, che i finanzieri si sono presentati ad arrestarlo con due medici per far fronte a eventuali emergenze sanitarie. «Sarebbe bastato che il gip leggesse con attenzione l’ordinanza del 2001, firmata dall’allora presidente del tribunale di sorveglianza di Milano Manlio Minale, un magistrato di coscienza, per scoprire che la salute di Frigerio era incompatibile con il carcere già all’epoca». In effetti nel documento è scritto che «la relazione sanitaria fatta pervenire dalla Asl 2 di Milano» attesta che Frigerio risulta affetto da un teoria di malanni degna di un bugiardino. I giudici annotavano problemi alla «pompa sistolica del ventricolo sinistro con progressiva dilatazione cardiaca», «afachia secondaria», «un glaucoma evoluto bilaterale (…) con grave deficit visivo», tale da lasciargli una sola diottria nell’occhio destro e due in quello sinistro. Per la Asl Frigerio era «un soggetto affetto da grave stato ipertensivo cronico con miocardiopatia e sindrome nefrosica (malattia renale, ndr) con patologia in progressione verso la completa cecità e verso l’aggravarsi delle ulteriori patologie, progressione evitabile/controllabile soltanto con il costante e continuo controllo clinico specialistico e somministrazione mirata di farmaci specialistici». Medicine che però gli causavano controindicazioni come «coliche renali, infezioni delle vie urinarie e sistemiche». In conclusione si trattava di «una malattia in stadio così avanzato da non rispondere più in maniera adeguata ai trattamenti disponibili e tale da risultare, attesa la necessità di controlli e monitoraggi continui, incompatibile con la detenzione carceraria». Per queste «condizioni di salute particolarmente gravi» il Tribunale di sorveglianza concesse a Frigerio gli arresti domiciliari. Tredici anni dopo, altri magistrati, questa volta inquirenti, ritengono che l’ex parlamentare possa essere rinchiuso dietro a quelle sbarre che ormai non è più nemmeno in grado di distinguere. Il motivo lo spiega l’avvocato Murdolo: «Il procuratore Edmondo Bruti Liberati mi ha detto che il quadro clinico del mio cliente è compatibile con il carcere perché i finanzieri che lo hanno pedinato gli hanno riferito che godeva di grande mobilità e che incontrava molte persone. Riguardo all’età, mi ha risposto, sogghignando: "Anche io ho settant’anni"». di Giacomo Amadori