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Bossetti: "Yara fu uccisa per una vendetta contro il padre"

di Andrea Tempestini domenica 13 luglio 2014

3' di lettura

Ecco la "verità" di Giuseppe Bossetti, quella consegnata agli atti tra il 19 giugno e l'8 luglio, durante gli interrogatori del carpentiere di Mapello in cella di isolamento dal 16 giugno con l'accusa di aver seviziato e lasciato morire Yara Gambiarsio, in quel maledetto novembre del 2010. Bossetti, 43 anni, ha sempre proclamato la sua innocenza, nonostante il dna, i sospetti e i filmati delle telecamere. Ma non solo. Il sospettato unico e numero uno ha anche un'idea ben precisa su quanto sia successo alla piccola di Brembate Sopra, idee come detto messe a verbale e rivelate da Repubblica: "In cantiere - spiegava Bossetti - dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre, Fulvio Gambirasio. È la voce che girava e che sentivo ripetere ai colleghi mentre ero al lavoro. Voi adesso mi dite che il Dna è una prova scientifica importante? Va bene. Ma io giuro sui miei tre figli che Yara non l’ho mai né conosciuta, né vista, né incontrata. E che non sono io l’assassino". L'epistassi e... - Insomma, dietro la morte della figlia, per Bossetti, ci sarebbe il padre. Questo il dato principale che emerge dai primi due interrogatori di garanzia col gip Vincenza Maccora. Presunte verità consegnate dopo la doppia scena muta davanti al pm Letizia Ruggeri. L'ex "ignoto 1" continua a ripetere che la sera di quel 26 novembre "l'ho trascorsa a casa, con moglie e figli. Dopo il lavoro sono stato a casa, come sempre". Sul Dna, il muratore, inizialmente spiega che è "impossibile" che sia sui vestiti di Yara. Per poi aggiungere: "Se venisse dimostrato senza nessun dubbio che il Dna è mio, bisognerà capire perché è stato trovato lì. Io non lo so". Quindi, l'8 luglio, Bossetti comincia a parlare di altre persone: "Ascoltate i miei colleghi di lavoro", suggerisce agli inquirenti. Dunque la spiegazione dell'epistassi, il sangue dal naso che spesso perdeva, che potrebbe essere finito su un attrezzo poi rubato dal cantiere e usato per uccidere Yara. Ipotesi che però non troverà riscontri e non verrà confermata dai colleghi stessi, che pur confermando l'epistassi ricorrente non ricordano il furto di alcunché. Presunte verità - Nel resto dei verbali, emergono e vengono confermate tutte le circostanze di cui si è parlato in questi giorni: le contraddizioni, il solarium, le immagini delle telecamere. Ma soprattutto emergono, almeno stando a quanto racconta Bossetti, le voci che giravano in cantiere. Il gip insiste: "Ha mai avuto a che fare con la figlia Gambirasio". E il sospetto: "Mai. Ho solo visto una volta Fulvio Gambirasio nel cantiere di Palazzago perché era venuto a fare un sopralluogo. Se fosse capitata a me una cosa così tremenda, non avrei avuto la forza di andare a lavorare. Sarei andato a cercare mia figlia giorno e notte con gli inquirenti". Dunque ancora il giudice: "Nel vostro mondo si parlava di questo evento?". E Bossetti: "Era all'ordine del giorno. In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre. Una vendetta, si diceva - ribadisce -, legata a presunti rapporti tra la ditta Lopav (di Patrizio Locatelli) e il signor Gambirasio che fa il geometra nell'edilizia".

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