I "puri" NoTav incassano la mazzetta per non contestare il Pd

di Ignazio Stagnodomenica 11 maggio 2014
I "puri" NoTav incassano la mazzetta per non contestare il Pd
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Adesso è ufficiale: per realizzare un’opera pubblica in Italia bisogna pagare il pizzo. Ok, d’accordo, non è una grande notizia. Ma stoppiamo subito i malpensanti: non stiamo parlando dell’Expo, non stiamo parlando degli zombie di Tangentopoli, cioè non stiamo parando degli “a volte ritornano” Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Macché: stiamo parlando di Tav. Alta Velocità. Stiamo parlando di Val di Susa, Chiomonte, e dei ribelli incazzati. E stiamo parlando del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, l’uomo che passa dalla politica alla banca e dalla banca alla politica come voi passate dalla camera da letto alla stanza da bagno. Il fatto è questo: Chiamparino, sindaco di Torino candidato alla presidenza della Regione Piemonte, doveva andare a parlare in Val di Susa per sostenere l’Alta Velocità. Aveva organizzato un raduno di tutti gli imprenditori e dei sostenitori del progetto, a Villar Focchiardo, nella prestigiosa Cascina Roland. Ma gli organizzatori dell’evento temevano incidenti da parte dei No Tav. E allora che hanno fatto? Semplice: hanno pagato la mazzetta ai contestatori. Così va il mondo, anche in alta montagna, dove l’aria è pura solo per modo di dire: recitano infatti le cronache che l’intera organizzazione dell’evento è costata 1.750 euro, e una parte consistente, anche se non si sa quale, è finita proprio ai comitati di guerriglieri. Che quando c’è da combattere combattono, per l’amor del cielo. Ma quando c’è da incassare non si tirano di certo indietro. La notizia è rimbalzata prima sui media locali, poi sulla “Repubblica”. Il sindaco di Chiomonte, ex No Tav diventato Sì Tav, si è indignato, Sergio Chiamparino pure, i prossimi appuntamenti organizzati alla Cascina Roland sono stati annullati. «Inaudito», dice uno. «Inaccettabile», ribatte un altro. Si tirano in ballo la mafia, le mazzette, le tangenti. I nemici dell’Alta Velocità vengono paragonati agli esattori del pizzo per conto delle cosche mafiose. Ci manca solo che salti fuori qualcuno che individui in Matteo Messina Denaro il Grande Vecchio dei No Tav, e poi il quadro sarebbe completo. In fondo l’indignazione non costa nulla. A differenza del silenzio dei No Tav, è ovvio. La verità, purtroppo, è molto più semplice e meno affascinante. E si declina in alcuni dati dati di fatto incontrovertibili. Il primo è che bisogna diffidare dei moralisti. Diceva un vecchio saggio: se qualcuno bussa alla tua porta dicendo che vuol farti del bene, scappa subito dalla finestra. Ecco: questi difensori dell’ambiente, fanatici della pulizia ecologica, teorici della purezza, questi santoni della tutela del territorio, profeti della valle incontaminata, innamorati di ogni singolo arbusto della montagna, combattenti in nome dei valori assoluti, ebbene, proprio loro: sono pronti a vendersi per un pugno di euro. Non è male, no? Denunciano le grandi opere perché, dicono, non si può chinare il capo di fronte al dio denaro, e poi chinano il capo di fronte al dio denaro. Anzi, a una modesta mancetta del dio denaro. I grandi valori scompaiono, la purezza del territorio va a farsi benedire, basta che arrivi qualche banconota pagata cash. Il secondo dato da tener presente è che, forse, proprio per questo in Italia sorgono mille comitati del No. Quante volte l’abbiamo denunciato? No alla discarica, no alla superstrada, no alla tangenziale, no al parcheggio, no all’inceneritore... Ogni volta che un amministratore di buona volontà propone di fare qualcosa, il partito del non fare insorge. Noi pensavamo che fosse naturale istinto di conservazione, stupidità congenita, ottusità mentale, incapacità di strategia. Invece no: è solo business. È chiaro, no? Tu vuoi fare un’opera? Io dico no. Così per dire sì tu mi devi pagare. Comprami, io sono in vendita. Altrimenti che gusto c’è? Si può forse aderire a un’idea per il gusto di aderire a un’idea? Per il bene del Paese? Perché è giusto? Macché: non siamo mica matti. Si aderisce a un’idea solo dopo aver registrato adeguato bonifico bancario. E qui arriviamo all’ultimo dato di fatto, che è anche il primo, cioè quello da cui siamo partiti: la rivalutazione di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti. Lo diciamo con un filo di ironia, ma neanche troppa: se per realizzare un’opera pubblica bisogna per forza pagare tangenti, come certifica il candidato presidente della Regione Sergio Chiamparino, perché quei due vecchi arnesi stanno in carcere e i No Tav invece no? Mazzetta per mazzetta, pizzo per pizzo, non mi sembra che ci sia una grande differenza fra le loro attività. Anzi, è proprio lo stesso meccanismo: si arriva a controllare un territorio e poi si esige il pagamento della gabella da tutti quelli che passano di lì. E poco importa quale divisa vestono i gabellieri: dai vecchi maneggioni di Tangentopoli ai nuovi esattori con la bandiera rossa e Che Guevara sulla maglietta, non cambia nulla. Hasta la mazzetta siempre, companeros. di Mario Giordano