"Roma ladrona", recitava un vecchio slogan della Lega Nord. Talmente "ladrona" da riuscire (quasi) ad annientarsi. Ad uccidersi economicamente. Il deficit della città è a quota un miliardo di euro, e la città stessa ha un numero di dipendenti maggiore rispetto a quello della Fiat. I numeri, impietosi, sono stati messi nero su bianco in un dossier che il consigliere coumunale radicale Riccardo Magi sta per pubblicare sul sito opencampidoglio.it, e parte di questi numeri sono stati anticipati da Sergio Rizzo sul Corriere della Sera. Capitolo farmacie - Si parte dalle farmacie: quelle comunali, nella capitale, hanno 362 dipendenti e il Campidoglio ha appena sborsato 15 milioni di euro per tappare i buchi pregressi. Peccato però che per rimetterle in sesto del tutto - spiega con perizia la verifica dei conti affidata a Ernst & Young - servano altri 20 milioni di euro. Per inciso la verifica dei conti affidata al colosso della revisione sottolinea come nel bilancio 2011 ci sia uno scostamento di 7,3 milioni nell'attivo rispetto a quanto era stato scritto. Quasi tre milioni sono solo la differenza tra le rimanenze di magazzino cotabilizzate contro quelle accertate: 9,1 milioni contro 6,2. Municipalizzate disastrose - Lo scenario delle municipalizzate romane è disastroso. Non solo farmacie, ovvio. Ci sono ventisei società, più una miriade di controllate: oltre 50 quelle di Acea (energia e acqua), Ama (rifiuti) e Atac (trasporti). I tre gruppi, i tre "big" tra le municipalizzate, contano 31.338 dipendenti, ossia l'85% del personale di tutte le partecipate comunali (37mila dipendenti circa). In sostanza si tratta di circa 10mila dipendenti in più rispetto a quelli totali degli stabilimenti Fiat in Italia. Dal conto, bene sottolinearlo, sono esclusi i 25mila dipendenti dell'amministrazione comunale. Gli arbitrati Ama - Per Ernst & Young il disavanzo strutturale di Roma Capitale è pari a 1,2 miliardi l'anno. La responsabilità di questo buco, in primis, è delle società comunali. L'Atac, per esempio, ha un numero di stipendi paragonabile a quello di Alitalia e in un decennio ha accumulato perdite per 1,6 miliardi. Il contratto costa al Comune circa 400milioni di euro l'anno, ma per il 2014 la richiesta era di 500 milioni. Poi il paradigmatico caso degli arbitrati contro Ama, innescati dalla società titolare della discarica di Malagrotta: quelli già conclusi in primo grado nel 2012 condannano l'azienda a pagare 78,3 milioni di euro. Tra le controversie che riguardano Ama, incredibile ma vero, ce n'è una anche con Atac che si trascina da sette anni tra sentenze, ricorsi e controricorsi. Altre cifre: Ama è indebitata con le banche per 670 milioni di euro, somma simile ai ricavi di un anno, e nonostante ciò, tra il 2008 e il 2010, la municipalizzata ha assunto 1.518 persone. Clausole milionarie - Il 9 gennaio verrà nominato il successore di Piergiorgio Benvenuti alla direzione di Ama. Per l'Acea, al contrario, nessun cambio ai vertici in vista: Giancarlo Cremonesi, nominato dal centrodestra e titolare di una dozzina di poltrone pubbliche, è intoccabile. Già, perché durante l'ultima campagna elettorale, la precedente amministrazione ha rinnovato in blocco tutti i vertici, blindadoli con delle clausole onerosissime. Per esempio, sostituire i vertici prima del tempo comporta il pagamento totale dei loro emolumenti. Per Cremonesi si tratta di 408mila euro; per l'ad Paolo Gallo 1 milione 318mila euro più un appartamento da 4.300 euro al mese ai Parioli, e automobile. Agli altri sette consiglieri, in media, vanno 120mila euro. La precisazione di Acea: "Siamo sulla buona strada" I soliti noti - Da una società che blinda i vertici come ha fatto Acea ci si immagini utili ricchissimi. Peccato che non sia così. Nel 2012 i profitti netti sono stati di appena 77 milioni; e anche se ne primi mesi del 2013 hanno superato i 100 milioni restano striminziti. Infatti, negli ultimi cinque anni, i debiti sono cresciuti di circa un miliardo arrivando a 2,5 miliardi. Eppure le cifre non sembrano spaventare il gruppo, tanto che l'ufficio del personale ha proceduto, solo pochi giorni fa, all'assunzione di un nuovo capo della comunicazione, Stefano Porro, ex capoufficio stampa del ministro dello Sviluppo dell'ultimo governo Berlusconi, Paolo Romani, e poi di Corrado Passera e Flavio Zanonato.