Filippo Pappalardi non andava arrestato, adesso lo Stato lo deve risarcire per l’ingiusta detenzione subita e il danno morale. Così hanno deciso i giudici della Corte di appello di Bari che hanno riconosciuto 65mila euro al papà di Francesco e Salvatore Pappalardi, i due fratellini di Gravina in Puglia trovati morti nel fondo di una cisterna. Dei 65mila euro, 20mila sono il risarcimento per i tre mesi trascorsi in carcere ingiustamente accusato di aver ucciso i due adolescenti, 45mila euro invece rappresentano il «ristoro» per il danno morale subito. Ciccio e Tore scomparvero il pomeriggio del 5 giugno del 2006: inizialmente, Procura e polizia ipotizzarono un allontanamento volontario. Ben presto, però, la pista fu abbandonata e vennero prese in considerazione altre possibilità. Con i mesi che trascorrevano senza nessun passo in avanti e la pressione mediatica sulla vicenda, l’attenzione degli inquirenti (dopo aver scandagliato altri piste investigative) si concentrò sul papà dei fratellini: fu prima indagato per sequestro di persona e poi per duplice omicidio volontario e occultamento di cadavere. Il 27 novembre del 2007 scattò l’arresto, all’alba l’uomo venne prelevato dagli uomini della squadra mobile e trasferito in carcere. Il colpo di scena arrivò qualche mese più tardi, il 25 febbraio del 2008 quando i corpi di Francesco e Salvatore vennero ritrovati in una cisterna del palazzo delle cento stanze in via della Consolazione, sempre a Gravina. Un ritrovamento casuale, perché un altro bambino, mentre giocava con il pallone, precipitò nel pozzo vuoto e i vigili del fuoco, nel tentativo di riportalo in superfice, si accorsero che c’erano due cadaveri. Dopo ulteriori accertamenti investigativi e lo svolgimento dell’autopsia, fu possibile ricostruire quanto accaduto: Ciccio e Tore caddero accidentalmente nella cisterna il giorno stesso della scomparsa e non riuscirono più a risalire. Feriti, senza acqua e cibo, morirono a distanza di 24-48 ore. Il 15 ottobre del 2008 fu archiviata l’inchiesta.