Sono quasi un centinaio, per la precisione 97, le principali attività di controllo che gravano sulle piccole imprese italiane. L’Ufficio studi della Cgia di Mestre le ha elencate una a una, suddividendo il quadro legislativo generale in quattro grandi settori. C’è l’area ’ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro', interessata da 50 possibili controlli che possono essere effettuati da 11 enti o istituti diversi. C’è il settore ’amministrativo', che registra 6 controlli appannaggio di 3 diversi enti. L’area ’contrattualistica', con 18 controlli eseguiti da 4 istituti, e infine l’ambito del ’fisco', con 23 controlli condotti da 7 enti. «Con una legislazione spesso caotica e in molte circostanze addirittura indecifrabile», ha commentato il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «per molte aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione, è difficile essere sempre a norma. Ricordo che il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 addetti e non dispone, a differenza delle medie e grandi aziende, di nessuna struttura tecnica-amministrativa in grado di affrontare professionalmente queste problematiche». «Detto ciò», prosegue, «non è nostra intenzione accusare nessuno, tanto meno gli enti di controllo che, spesso, sono anch’essi vittime di questa situazione. Troppe direttive, troppe leggi, troppi regolamenti creano solo confusione, mettendo in seria difficoltà non solo chi è obbligato ad applicare la legge, ma anche chi è deputato a farla rispettare». Il tema della burocrazia, fa notare la Cgia, è uno dei principali ostacoli che mina la crescita del nostro Paese. «I tempi e i costi della burocrazia», aggiunge Bortolussi, «sono diventati una patologia endemica che ci caratterizza negativamente. Non è un caso che molti investitori stranieri non vengano qui da noi proprio per la farraginosità del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi e adempimenti onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e pubblica amministrazione che non sarà facile eliminare». Insomma, per crescere e creare nuovi posti di lavoro, afferma la Cgia, le imprese necessitano di servizi pubblici efficienti e di una legislazione chiara e facilmente applicabile. In questi ultimi anni, invece, il costo della burocrazia sul nostro sistema produttivo ha superato i 30 miliardi di euro all’anno. Questa situazione ha costretto moltissime aziende a trascurare il proprio business per occupare gran parte del tempo con la compilazione di certificati e scartoffie varie: un’anomalia, conclude la Cgia, che deve essere assolutamente rimossa.