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La riforma degli statali: carriere, concorsi e stipendi, ecco cosa cambia

di Lucia Esposito martedì 31 marzo 2015

2' di lettura

Gli statali saranno licenziabili e avranno un tetto allo stipendio. Se ne era parlato tanto, ma la riforma del lavoro pubblico sta per prendere forma. Domani la Commissione Affari costituzionali del Senato deve sciogliere gli ultimi nodi della delega sulla Pubblica amministrazione. Per quanto riguarda la dirigenza pubblica, la strada sembra già tracciata: si entrerà dopo un corso-concorso o dopo un concorso pubblico. Nel primo caso si accede quindi agli uffici pubblici come funzionari, poi dopo quattro anni e dopo un esame si potrà diventare dirigenti. Chi entra dopo un concorso sarà assunto a tempo determinato e, dopo tre anni, potrà sostenere un esame e se lo si supera il contratto sarà trasformato a tempo indeterminato.  Ci sarà un unico ruolo dove finiranno tutti i dirigenti, quelli dei ministeri, Fisco, Inps, Istat, enti di ricerca. Di fatto dunque verranno eliminate le assunzioni dirette e i dirigenti dovranno comunque sostenere un test e un concorso per accedere alla Pa nei ruoli dirigenziali.  La Commissione ad hoc - Secondo il ministro Marianna Madia  i dirigenti saranno della Repubblica e non proprietà privata delle singole amministrazioni. Si potrà, anzi  si dovrà, passare da un' amministrazione all' altra. Sarà istituita - come ricorda il Messaggero - una Commissione per la dirigenza statale, un organismo indipendente che vigilerà sulla correttezza del conferimento degli incarichi ma che detterà anche dei criteri generali alle singole amministrazioni da seguire quando vengono selezionati i dirigenti.  Salari e premi - Ogni tre anni i dirigenti dovranno ruotare nei loro incarichi. La loro carriera sarà legata alla loro valutazione. Chi non riuscirà ad ottenere un incarico continuerà a percepire solo la parte fissa del suo stipendio. Dopo un certo numero di anni senza incarico (potrebbero essere tra 3 e 5) il rapporto di lavoro potrà essere sciolto. Per quanto riguarda poi la retribuzione: la riforma prevede la "definizione di limiti assoluti del trattamento economico complessivo". I dirigenti non potranno guadagnare più di una determinata cifra. Attualmente vige il tetto dei 240mila euro annua ma è possibile che i nuovi tetti saranno più bassi. Lo scopo è quello di recuperare dai tagli dei mega-stipendi circa 500milioni di eruo.  Molto cambierà anche per la struttura della retribuzione. Basta con i premi a pioggia.  

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