Equitalia recapita una cartella esattoriale da 528 mila euro e la destinataria, un’anziana di Feltre - comune del Bellunese - quattro giorni dopo muore d’infarto. Ora il figlio (che vuole mantenere l’anonimato), disperato, sostiene che la mamma è stata vittima di un sistema spietato. Ne ricorda i sacrifici e l’impegno per la famiglia. Non ha retto alla mazzata del Fisco. L’uomo, orfano anche di padre, ha 45 anni ed è disoccupato. Fino al 2008 era stato il contabile della ditta di famiglia. Poi, per la crisi, tutto è naufragato. L’azienda, che lavorava nel settore tessile, nei momenti migliori era arrivata ad avere quasi 150 dipendenti. Il fallimento è stato un disastro per tutti. E ora il colpo feroce della cartella esattoriale. La madre percepiva una pensione di 1.130 euro al mese, soldi che provenivano dalla propria pensione e da quella di reversibilità del marito. Secondo il figlio i conti dell’Agenzia delle Entrate sarebbero superiori ai debiti accumulati «ma - precisa - questo non mi interessa, non so che conti abbiano fatto ma non sono neanche andato a litigare. Con loro non voglio avere niente a che fare». Dunque, al momento, non è chiaro se si tratti o meno di una cartella pazza. È soprattutto contro la sproporzione tra le modeste entrate e la richiesta da parte di Equitalia che l’uomo punta il dito: «Potevano evitare di accanirsi contro una signora che riceveva una cifra simile. Certo, mi avevano proposto una rateazione - taglia corto - ma non ce l’avrei fatta nemmeno in dieci vite». Per colpa dello shock l’uomo è precipitato nel vortice della depressione, fino al ricovero nel reparto di neurologia dell’ospedale di Feltre. L’attacco a Equitalia è diretto, ma l’uomo non nega le responsabilità dell’azienda e del padre. Ammette errori di gestione e precisa che sapeva dell’esistenza di qualche debito, ma evidenzia che prima di chiudere l’attività si era premurato di liquidare tutti i lavoratori. Aveva messo la dignità e l’orgoglio davanti a tutto. Ma adesso tutto si è polverizzato attorno a lui, che cerca disperatamente un impiego che gli permetta di vivere. «C’è assolutamente bisogno di un Fisco alla tedesca» commenta l’assessore veneto al Lavoro, Elena Donazzan. «In Germania ti chiedono il giorno e l’orario in cui possono venirti a disturbare in azienda. Da noi invece lo Stato è nemico, è poliziesco». di Alessandro Gonzato