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Così è crollato Carlo Lissi: ecco il verbale dell'interrogatorio

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 22 giugno 2014

3' di lettura

«L’ho fatto poiché non avevo il coraggio di chiedere a mia moglie di separarci, cosa che io invece, volevo fare». Letto, firmato, sottoscritto. Si conclude così la confessione resa da Carlo Lissi nella caserma di Abbiategrasso. Il verbale è stato pubblicato dalla Stampa che racconta anche come l'assassinio davanti alla pizza e alla birra che gli avevano offerto i carabinieri ha continuato a mentire per ore per coprire l'assassinio della moglie e dei suoi bambini. Mangiava e beveva di gusto e continuava a ripetere la sua versione, sempre più improbabile: «Quando sono tornato a casa dalla partita, sono passato dal garage, e mi sono spogliato perché non volevo fare rumore e svegliare i bambini. Mi sono messo le ciabatte e sono salito facendomi luce con il display del cellulare... Mi sono reso conto che in casa c’era disordine come se qualcuno avesse rovistato dappertutto…Poi mi sono diretto in sala...e ho scorto le gambe di mia moglie, le ho toccato la testa e mi sono imbrattato del mani di sangue. In quel momento mi sono toccato le mutande per cercare di pulirmi…Sono salito, ho visto i bambini in un lago di sangue…Sono sceso di corsa e mi sono messo a urlare. Poi sono rientrato, ero inebetito, una vicina mi ha detto che numero fare, ho chiamato il 112…»». Solo verso le tre della notte, quando i colonnelli Storniolo e Carparelli gli leggono il verbale della collega del quale si era invaghito senza speranza, Carlo crolla. «Lo vedi? Lei non ti vuole… Dai, dillo che lo hai fatto per lei..», gli dicono i carabinieri. Solo a quel punto ha chinato la testa e ha voluto che venisse messo a verbale: «Premetto che voglio mi sia dato il massimo della pena. Sono stato io a uccidere mia moglie e i miei figli». Poi non c’è stato bisogno di fargli nemmeno una domanda. «Eravamo una coppia felice. Quella sera abbiamo messo a letto i bambini verso le 22, poi abbiamo fatto l’amore. Maria Cristina si è rivestita e si è messa a guardare la televisione. Io, in mutande, sono andato in cucina, ho preso un coltello e sono tornato in sala. L’ho colpita credo alla gola, di spalle. Lei si è subito alzata e ha cercato di scappare verso sinistra io l’ho raggiunta e l’ho colpita nuovamente all’altezza del collo... Lei a quel punto ha cercato di prendermi il coltello afferrandomi la mano destra, ovvero la mano che impugnava l’arma. Allora l’ho colpita in faccia con la mano sinistra…Lei in tutta questa azione ha inizialmente detto “no”, poi ha continuato a gridarmi: “Perchè… perché?”. Dopo che lei si è accasciata a terra sono salito al piano superiore e sono andato in camera di mia figlia Giulia, la porta era aperta ma lei dormiva, non aveva sentito nulla. Era a pancia in su. Ricordo solo che le ho dato una coltellata alla gola. Dopo che ho estratto la lama, lei si è girata di lato e così è rimasta. Non ha detto nulla. Poi sono entrato in camera da letto dove c’era mio figlio Gabriele. Anche lui dormiva e non si era accorto di nulla. Era a pancia in su e anche a lui ho dato un’unica coltellata alla gola». Carlo Lissi, poi ha inscenato una rapina: ha aperto la cassaforte, un po’ di cassetti, ha rovesciato diverse suppellettili a terra. Quindi è tornato in garage, si è rivestito e ha raggiunto la casa del suo amico Carlo, per vedere la partita dell’Italia insieme a un’altra quindicina di ragazzi. Nel tragitto, 5 minuti in tutto, «in via Mazzini, ho abbassato il finestrino dell’auto, e ho gettato il coltello dal finestrino in un tombino». Una serata allegra, tra scherzi, tifo ed emozioni per i gol di Marchisio e Balotelli. Alle due di notte era di nuovo a casa, pronto per la messinscena del marito sconvolto.

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