Gli psichiatri: "Carlo era lucido e concentrato su se stesso"

di Nicoletta Orlandi Postidomenica 22 giugno 2014
Gli psichiatri: "Carlo era lucido e concentrato su se stesso"
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Nessun raptus, nessun impulso di aggressività: Carlo Lissi mentre sgozzava sua moglie e i suoi due figli era lucido. Su questo concordano gli psichiatri interpellati subito dopo la confessione dell'assassino. "Il gesto non è quello di un folle, perchè l’uomo ha premeditato la strage con molta freddezza. Si tratta di un atto delinquenziale, un atto criminale come purtroppo ce ne sono tanti", dice Emilio Sacchetti, presidente della Società Italiana di Psichiatria a OnlineNews che paragona Lissi ad un camorrista, ad un uomo amorale, ma certamente non ad un malato di mente: "il piccolo Giuseppe Di Matteo divenne vittima di una vendetta trasversale nel tentativo di far tacere il padre, in quel caso l’uomo che compì un tal gesto non era nè matto nè psicolabile, era semplicemente un uomo con dei valori e principi errati. Allo stesso modo Carlo Lissi aveva un piano ben preciso in mente e non riuscendo ad attuarlo in altra maniera ha pensato bene di usare l’unico mezzo che aveva a disposizione: la violenza, prendendo un coltello e colpendo la moglie e i figli". Un segnale gravissimo - "E' un delitto molto grave e anomalo. E' la prima volta che ci troviamo di fronte a un caso simile", dice invece il criminologo Francesco Bruno, docente di Psichiatria Forense e Criminologia all'università La Sapienza di Roma ad Affaritaliani.it. "Finora un uomo arrivava a distruggere la famiglia per due ragioni: una profonda depressione, che porta l'assassino a confessare subito se non a suicidarsi, oppure la paranoia, come per esempio l'ossessione che i figli non siano propri. C'è anche un terzo caso, marginale, che è quello dell'uomo che se la prende col mondo intero, sterminando la famiglia ma anche i passanti che incontra per caso". Per Bruno il delitto di Motta Visconti è "un segno che il rapporto uomo-donna è arrivato al limite, un segnale gravissimo: il peso della famiglia rischia di diventare un pesante fardello". La svalutazione della morte - "Secondo questa logica aberrante", commenta lo psichiatra Vittorino Andreoli con il Corsera, "quando figli e moglie non ci fossero stati più sarebbe potuto tornare dalla collega libero e dirle che si sarebbero messi insieme. Badi bene, neppure importa che l'altra non lo voglia: ma la riduzione della donna a oggetto è un altro filo conduttore. Seguendo questa ipotesi, troverebbe una spiegazione anche il rapporto sessuale con la moglie prima dell'omicidio: faccio con te quello che non riesco a fare con l'altro". Come fa un semplice rifiuto, una vicenda così banale nella vita quotidiana a scatenare una carneficina? Per Andreoli succede quando s'instaura "la completa mancanza di senso di rispetto per l'altro: ciò che importa sono solo i propri desideri, le proprie pulsioni, nell'assoluta assenza di leggi morali, di qualsiasi tipo esse siano e di freni inibitori". "A questo va aggiunta", conclude Andreoli, "l'assoluta svalutazione della morte, che in molti casi non è più il dramma finale, il limite o, per chi ci crede, la via al paradiso. Oggi viene considerata soltanto come uno spettacolo. E nella sostanza non conta più nulla".