Belle e brave. Ma soprattutto belle. Quando si parla di donne e lavoro, basta poco per scatenare un putiferio (e una rappresaglia). Qui, per dovere di cronaca, saremo nella casistica del "meglio belle che brave" e questa è la storia di una bancaria trevigiana di 32 anni che, stufa dei favoritismi che l'istituto di credito presso cui lavorava operava nella selezione delle candidate (più avvenenti che adatte effettivamente all'incarico, a quanto dice lei), ha deciso di sfogarsi su Facebook. Il Post - Sul social, la ragazza ha scritto: "Ha un nome la patologia di certi uomini, responsabili della selezione del personale, che fanno colloqui a ragazzine di diciannove anni col fisico da modella e gli occhioni da cerbiatta?". Apriti cielo perché lo sfogo le è costato caro. Prima una lettera di contestazione, poi la sospensione dall'ufficio per 5 giorni e infine, dopo un colloquio al vetriolo col responsabile delle risorse umane, che l'ha accusata di diffamazione, le dimissioni dalla banca. Polemica generale - Sul web si è scatenato la polemica e la ragazza ha rincarato la dose: "Gli uomini sono fatti così, se sei bella per loro sei bravissima, hai valore e sei piena di meriti. Punto. E poi stiamo qui a parlare di donne e meritocrazia. Ma dai!!!". Il capo responsabile del personale si è sentito perciò preso di mira anche se il legale della donna si è affrettato a precisare che "i destinatari dei post sono gli appartenenti alla categoria di persone che pensa ed agisce in modo maschilista, non un singolo individuo. La polemica, perciò, non investe un determinato atto, ma una condotta generale ritenuta inaccettabile" Basterà? Per ora pare di no: i vertici dell'istituto bancario paiono molto decisi a disfarsi della polemica impiegata e alla giovane non resterà che negoziare sulla rinuncia al proprio posto di lavoro.