È vero, purtroppo, che tutti i giorni vengono uccise e torturate delle povere bestie senza che i giornali se ne occupino minimamente. Ed è pure vero che la pratica di narcotizzare degli animali per trasferirli o marchiarli in modo da poterli identificare e controllare è assolutamente normale e nella stragrande maggioranza delle volte senza conseguenze. Ed è vero infine che sul caso di Daniza ci sono state esagerazioni e si sono lette cose che non dovrebbero mai essere scritte. Ciò detto, però, la storia dell’orsa ammazzata in Trentino è assolutamente eccezionale e a mio avviso merita tutto lo spazio che le è stato dato. Perché, a leggerla bene, non parla affatto di un plantigrado e dei suoi cuccioli, ma parla di noi uomini, del nostro rapporto ormai malato con la natura e della follia di chi ci governa a tutti i livelli. Provo a spiegarmi. Innanzi tutto, le quotidiane barbare uccisioni di animaletti di cui parla Filippo Facci sono perpetrate da singoli deficienti, al massimo da un gruppetto di bipedi sadici. Qui, invece, siamo davanti a un’istituzione, la Provincia di Trento, che dichiara guerra a un’orsa, condannandola a morte sin dal primo momento, salvo poi, di fronte alle proteste, commutare la pena nell’ergastolo. Dopodiché, fatalità, l’anestetico è risultato fatale. E senza fare della dietrologia, resta il fatto che quella siringa non avrebbe mai dovuto essere sparata, per il semplice fatto che Daniza non aveva fatto nulla di male o di anomalo. Si era limitata a difendere i suoi cuccioli da un incauto curioso percepito come una minaccia. Aveva cioè fatto l’orsa. Anzi, l’orsa «buona», visto che anziché sbranare il cercatore di funghi, si è limitata a bloccarlo a terra per il tempo necessario ai suoi piccoli per raggiungere una distanza di sicurezza. Leggi la risposta di Filippo Facci: "Finitela con l’orsa Daniza non è un film della Disney" Ed è qui il vero nodo della faccenda. Daniza fa parte di un programma di ripopolamento che dura da quasi 20 anni ed è già costato la bellezza di quattro milioni di euro. L’orso in Trentino non c’era più. Ci è stato riportato. Anche e soprattutto dalla Provincia di Trento. E sulla sua ritrovata presenza sono state imbastite fior di campagne promozionali, volte ad attirare turisti da tutto il mondo. Anche e soprattutto da parte della Provincia di Trento. Poi hanno «scoperto» che gli orsi importati dalla Slovenia non assomigliavano a Yoghi, che si avvicinavano ai centri abitati spaventando gli abitanti, che uccidevano pecore e mucche mandando su tutte le furie gli allevatori. Insomma: che non erano peluche. E che, in conseguenza di questo increscioso fatto, anche una certa fetta di turismo (più anziano o semplicemente meno avventuroso) non si sentiva poi così elettrizzato al pensiero di potersi imbattere in uno di questi bestioni nel bosco. Forse il progetto era sbagliato fin dall’inizio: troppo antropizzate quelle zone per sopportare senza problemi la presenza di una cinquantina di plantigradi. O forse i pericoli sono stati artatamente ingigantiti: non lo so. Fatto sta che, a fronte di una spesa di quattro milioni, era difficile per gli amministratori locali dire: ops, ci siamo sbagliati, adesso ne spendiamo altri quattro per riportarli da dove sono (ammesso e non concesso che ce li riprendano). Così, almeno questa è la sensazione, ogni minimo pretesto, anche ridicolo come nel caso dell’«aggressione» di Daniza, viene utile per sbarazzarsi di qualche ingombrante esemplare. E quindi sì, il caso è politico. L’argomento non essendo tanto un’orsa e i suoi cucciolotti, quanto l’uomo e le sue storture. Si parla di politica. Di sangue e merda. E del fatto che allevatori, albergatori, apicoltori e cercatori di funghi votano, i forestieri e il buon senso invece no. di Massimo De' Manzoni