"Questo pubblico ministero di questo processo, che mi sta facendo uscire pazzo, come non ti verrei ad ammazzare a te, come non te la farei venire a pescare, a prendere tonni. Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono. Ancora ci insisti? Minchia.... perchè me lo sono tolto il vizio? Me lo toglierei il vizio? Inizierei domani mattina". Così il 26 ottobre Totò Riina si rivolge al boss pugliese Alberto Lorusso parlando del pm Nino Di Matteo, impegnato nel processo Stato-mafia, come si legge nei verbali depositati nel procedimento. "Questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il presidente della Repubblica" prosegue Riina, incalzato dal suo compagno d’aria e intercettato nel carcere di Opera: "Questo, questo prende un gioco sporco che gli costerà caro, perchè sta facendo carriera su questo processo di trattativa... Se gli va male questo processo lui viene emarginato". E ancora: "Io penso che lui la pagherà pure... Deve succedere un manicomio, deve succedere per forza. Organizziamola questa cosa", prosegue mimando con la mano il gesto di fare presto, "facciamola grossa e non ne parliamo più. Si devono preoccupare, nonostante questo mucchio di persone: il botto viene ancora più bello... più grosso. Mi guarda Di Matteo, con gli occhi puntati, ma a me non mi intimorisce". Condanna a morte per il pm - E Riina, aggiornato in tempo (quasi reale) da Lorusso, apprende della richiesta di testimonianza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al processo sulla trattativa. Lorusso lo informa che le tv rilanciano le dichiarazioni del vice presidente del Csm (Vietti) e di altri politici che ritengono che il capo dello Stato non debba testimoniare. Riina approva: "fanno bene, fanno bene... ci danno una mazzata... ci vuole una mazzata nelle corna... a questo pubblico ministero di Palermo". Al che Lorusso dice: "sono tutti con Napolitano dice che non ci deve andare. Lui è il presidente della Repubblica e non ci deve andare". Riina afferma: "Io penso che qualcosa si è rotto...". Interrogativi, ma soprattutto è una rabbia feroce ciò che anima Riina: "Questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile... ad ucciderlo... una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari...". Il boss ride delle stragi - E vantandosi delle stragi: "Io mi sono divertito, per un paio di anni mi sono divertito, sono stato grande. Quando ci mettevamo quella (verosimilmente si riferisce all’esplosivo, annota la Dia) va suona, va suona, va suona, a quello vai a suonare tu. Minchia che gli ho combinato". "Quelli si meritavano questo e altro! Questo è niente quello che gli feci io! Gli ho fatto, però meritavano. Se ci fosse stato qualche altro avrebbe continuato e non hanno continuato e non hanno intenzione di continuare, nessuno". E "se io restavo fuori, continuavo a fare un macello, continuavo, al massimo livello. Ormai c'era l’ingranaggio, questo sistema e basta. Minchia, eravamo tutti, tutti mafiosi". Parlando della strage di Capaci in cui morirono Falcone, la moglie e tre agenti di scorta Riina dice: "Fu una mangiata di pasta". Il boss ricorda i minuti di davanti alla tv alle prime notizie trasmesse: Sono feriti lui, la moglie. Minchia, feriti, porca madosca. Nel mentre il telegiornale: è morto Falcone, la moglie... (ride). Con Borsellino due mesi dopo volle andare sul sicuro: "Gli ho detto", racconta il boss dei boss, "mettetegli qualche cento chili in più". Berlusconi - Nelle intercettazioni pubblicate dal Corriere c'è anche un passaggio su Silvio Berlusconi. La mattina del 6 agosto, pochi giorni dopo la condanna in Cassazione dell'ex presidente del Consiglio, Riina dice: "Noi su Berlusconi abbiamo un diritto sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo... Non l'ammazziamo però. Perchè noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto. Io lo dico con la rabbia nel cuore... Io faccio il malavitoso e basta". Il Papa - Così sembra non darsi pace quando dice: "Mi viene una rabbia: ma perchè questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato? A tutti ammazzarli, proprio andarci armati e vedere. Si ingalluzziscono perchè c'è la popolazione che li difende e li aiuta. Quelli devono andare a fare propaganda, hanno lo scopo in testa per uno strumento e le persone sono con loro". Così come "strumentia", strumentalizza il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri: Lorusso racconta di un’intervista tv in cui il magistrato dice che "siccome il Papa ha parlato contro i politici, contro la corruzione, ma ha parlato anche contro la criminalità, adesso il Papa deve stare attento, sta montando la tragedia che la 'ndrangheta, la mafia gli può fare qualcosa a lui, al Papa". Pronta la risposta di Riina: "Vanno a cercare pure il Papa... il Papa ha detto qualche parola buona... di cercare, di fare bene... Questo è buono, questo Papa è troppo bravo; è bravo, è bravo questo Papa. Sono i magistrati che 'strumentiano'". Informato su tutto - Peraltro è sempre l’interlocutore di Riina, Lorusso, ad essere "molto informato", nonostante le ristrettezze del 41 bis: il 14 novembre è lui che dice al 'capo dei capi': "Hanno detto che alla prossima udienza ci saranno tutti i pubblici ministeri. Alla prossima udienza saranno presenti tutti i pubblici ministeri. Tutti". Lorusso probabilmente allude alla possibilità che tutti i magistrati della procura di Palermo possano presentarsi in massa al bunker, nell’udienza successiva del 21 novembre per manifestare vicinanza e solidarietà ai colleghi oggetto delle minacce. Una ipotesi pare circolata attraverso uno scambio di email interne - non resa nota - ma poi scartata eppure giunta alla conoscenza del mafioso pugliese che la riferisce a Riina. Per non creare eccessivo clamore e non mettere in difficoltà la Corte d’assise, all’udienza del 21 poi in aula andò il capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo. Ma sulla vicenda gli inquirenti stanno facendo approfondimenti, in considerazione che della possibilità di una partecipazione di massa non se ne diede notizia nè su giornali nè attraverso i telegiornali. Messina Denaro - Riina infine ne ha anche per Matteo Messina Denaro: "A me - afferma riferendosi al ricco business dell’eolico - dispiace dirlo questo... questo signor Messina questo latitante che fa questi pali.... queste... queste... eolici... i pali della luce... Se li potrebbe mettere nel.... No ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, da pali per prendere soldi ma non si interessa di... Suo padre era un bravo cristiano... Questo figlio lo ha dato a me per farne quello che dovevo farne, è stato per 4 o 5 anni con me, impara bene, minchia, tutto in una volta si è messo a fare luce, a fare luce, in tutti i posti".
