Sono arrivati con velieri e quaranta jet privati. Hanno sequestrato per un’intera notte uno dei posti più belli del mondo, il sito archeologico di Selinunte, in provincia di Agrigento. Hanno illuminato il tempio di Giunone come se fosse giorno. Si sono trastullati in una festa rigorosamente privata con ospiti di fama internazionale da David Beckham a Eva Longoria, dal premio Oscar Jared Leto al cantante italiano Jovanotti, non si sono fatti mancare lo chef di grido per friggere il pesce all’ombra dell’Acropoli. E poi, a fine serata, hanno pagato l’affitto: 7mila euro. Settemila euro appena per disporre a proprio piacimento delle meraviglie della storia. Davvero poco per i Paperoni della terra. Ma sì proprio di Paperoni stiamo parlando. L’evento, infatti, è stato organizzato da Google. Era la convention annuale del colosso web. E i due fondatori, Sergey Brin e Larry Page, hanno voluto attorno a sé il gotha dei ricconi mondiali: uno di Goldman Sachs, un altro del Banco di Santander, qualche emiro, i rappresentanti di Uber e pure uno della Deutsche Bank, severo crucco al quale evidentemente l’austerity piace solo se la fanno gli altri. Qualcuno ha giurato di aver visto anche Bill Gates: così hanno riportato i giornali locali, ma non è confermato. C’erano invece sicuramente i rampolli d’oro Lapo Elkann e Pierre Casiraghi, oltre a una affannata Arianna Huffington che per darsi un tono pare si dilettasse con i versi di Dacia Maraini. I potenti, si sa, amano sfoggiare la cultura. Soprattutto quando costa poco. Cultura svenduta - E il punto è proprio quello: perché la nostra cultura costa così poco, cioè appena 7mila euro? Perché svendiamo un posto tanto incantevole per un tozzo di pane? E soprattutto: perché lo svendiamo ai multimiliardari in veliero che potrebbero permettersi ben altri cachet? C’era stata polemica a giugno per l’affitto del Circo Massimo ai Rolling Stones: appena 8mila euro. Ma se non altro quello era un evento pubblico: discutibile fin che si vuole, ma aperto a tutti. Il parco di Selinunte, invece, cioè il sito archeologico più grande d’Europa, un luogo di una bellezza unica e di una fragilità altrettanto unica, lo svendiamo per ancor meno (7mila euro). E a chi? A un club privato. Al circolo dei nababbi. Al festoso raduno dei Re Mida planetari, che per avere un po’ di musica, anziché affittare un hi-fi come tutti, affittano direttamente Jovanotti. Il più grande spettacolo dopo il big bang, d’accordo. Ma perché tutto ciò avviene a spese nostre? Perché, in particolare, avviene a spese nostre pure il maxi-party di coloro che non avrebbero problemi a pagare il conto? Altri fondi - Meno di un mese fa il direttore, Giovanni Leto Barone, minacciava di chiudere il parco per mancanza di soldi. Chiedeva altri fondi regionali per pagare gli straordinari ai dipendenti. Di sicuro a Selinunte c’è bisogno di manutenzione, attenzione, cura: poche settimane fa alcuni turisti sono stati aggrediti dai cani randagi che si aggirano liberamente tra le preziose rovine. E allora noi vorremmo rivolgere una domanda, semplice semplice, al governatore Rosario Crocetta che si riempie la bocca di tagli agli sprechi e buona amministrazione: i soldi dei Paperoni non sarebbero stati utili per finanziare qualche intervento nell’area? Per limitare l’incuria? Per pagare i dipendenti senza ricorrere ancora di più alle casse sfondate della Sicilia (e cioè alle nostre tasche)? E allora perché ha permesso che quel sito archeologico diventasse il privé di Google per una cifra così irrisoria? Perché, mentre non esita chiedere soldi ai contribuenti, esita invece a chiederli a coloro che vanno al tempio di Era solo per far festa con i loro jet, Lapo, Beckham e chef al seguito? Dubbi - Lo ripetiamo: abbiamo dei dubbi sul fatto che sia giusto concedere all’uso dei privati le bellezze del nostro patrimonio. Se ne può discutere. Ma se decidiamo di farlo, perdinci, almeno fissiamo il prezzo giusto. Se no il prossimo passo che cosa sarà? Una convention di navi da crociera sotto il ponte di Rialto al modico prezzo di 5 mila euro? Il raduno dei produttori di emmenthal svizzero al Colosseo (titolo: più buchi per tutti) in cambio di un piatto di lenticchie? La riunione della Montblanc a Pisa per dimostrare che le penne scrivono anche sul marmo pendente al prezzo simbolico di 50 euro? Suvvia, fermiamoci: se proprio si decide di affittare un pezzo d’Italia per la serata privata di un’azienda, bisogna chiedere alla medesima di pagare una cifra sufficiente, se non altro, a sistemare un po’ dei guai del patrimonio archeologico che cade a pezzi. E questo vale tanto più se l’azienda in questione è un colosso del web: loro, infatti, già non pagano le tasse in Italia. Che almeno paghino i nostri tesori quando li sfruttano così… di Mario Giordano