S’inasprisce la lotta ai disordini del comportamento alimentare. Il 19 giugno è stata presentata una proposta di legge di iniziativa parlamentare per l’introduzione, nel codice penale, del «reato di istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia, la bulimia» e altri disturbi simili. La prima firma appartiene all’onorevole del Partito democratico Michela Marzano, ma la proposta può ampiamente dirsi bipartisan: tra i firmatari, infatti, figurano alcune delle esponenti più in vista del centrodestra. Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini e Valentina Vezzali, giusto per citare le più note. Cosa prevede nello specifico l’introduzione di questo articolo (il 580-bis) nel sistema penale? Multe salate e addirittura il carcere per chi fomenta abitudini alimentari pericolose alla salute. Si legge nel disegno di legge: «Chiunque, con qualunque mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata, idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare, o ne agevola l’esecuzione, è punito con la reclusione fino a 1 anno e con la sanzione pecuniaria da euro 10mila a euro 50mila». Il reato è poi aggravato se «commesso nei confronti di una persona minore di anni 14 o di una persona priva della capacità di intendere e di volere». Qui le pene raddoppiano: la reclusione sale fino a 2 anni e la sanzione pecuniaria lievita dai 20mila ai 100mila euro. Dito puntato anche - o soprattutto - su Internet. Già, perché non sono poche le chat e i blog che si occupano di questi temi, esaltando anoressia e bulimia come veri e propri stili di vita. Basta fare una rapida ricerca online per rendersene conto: in gergo si chiamano siti “pro-ana” e “pro-mia” e, sfruttando le potenzialità della rete, diventano facili catalizzatori di comportamenti scorretti. Pontificano suggerimenti e consigli per «raggiungere la perfezione» intesa come la conquista del peso ideale di 35 chili. Non è un fenomeno marginale, anzi. Secondo gli ultimi dati, in Italia ce ne sarebbero oltre 300mila. Non è un caso, quindi, che nelle intenzioni dei parlamentari siano finiti al bando. «È importante che ci sia un’attenzione particolare verso questo genere di siti», commenta Andrea Romano (Sc), anch’egli tra i firmatari della proposta: «Sono padre di una ragazza adolescente e credo sia necessario vigilare perché questi blog di fatto possono configurarsi come propaganda di reato». Parole a cui fanno eco quelle di Paola Binetti (Pd): «Da neuropsichiatra infantile dico che chi spinge gli adolescenti verso la china dei disturbi alimentari si approfitta di loro creando falsi modelli estetici e macchiandosi di una colpa grave». «Quando ero ministro delle Pari Opportunità rimasi scioccata dai numeri impressionanti legati a queste problematiche», afferma Stefania Prestigiacomo. Certo, l’argomento è delicato. Spesso quei siti sono gestiti da ragazze che i disturbi alimentari li vivono sulla propria pelle (secondo alcuni dati dell’Istituto superiore di sanità aggiornati al 2006, l’anoressia interesserebbe dallo 0,2 allo 0,8% degli italiani mentre la bulimia dall’1 al 5%). Di certo non è su di loro che intendono abbattersi le ipotesi di punizione contenute nel testo normativo. Ma il fenomeno è sempre più preoccupante al punto che, se gli esperti sono unanimi nel condannare l’eccesiva importanza che viene attribuita alla forma del corpo, il «compito del Parlamento è capire se esiste, a livello legislativo, la possibilità di contrastare in modo concreto questi disturbi». A dirla tutta un primo testo di legge era già stato presentato in Commissione Affari Sociali l’11 febbraio, ma qui si è arenato. I promotori di questa proposta non si sono dati per vinti e, poche settimane fa, ne hanno presentato un altro. Il documento numero 2472 è arrivato a Montecitorio a giugno e il 14 luglio è stato affidato alla Commissione Giustizia della Camera. Rispetto al primo testo mancano alcuni riferimenti in materia di prevenzione e diagnosi precoce, ma la linea (dura) scelta dai firmatari è rimasta inalterata. Claudia Osmetti