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Sciopero generale, Cgil e Uil in piazza, Cisl no: "Non ci sono motivi validi"

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 23 novembre 2014

3' di lettura

La Cgil e la Uil proclamano lo sciopero generale di tutte le categorie per l’intera giornata del 12 dicembre. È quanto emerge dall’incontro di questa mattina tra i leader dei sindacati. La Cisl resta invece sulle sue posizioni e dovrebbe presto proclamare uno sciopero del pubblico impiego. La decisione è stata annunciata dalla segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha dichiarato che «abbiamo convenuto con la Uil che lo sciopero generale si farà il 12 dicembre», a margine del congresso della Uil che sancirà la nomina a segretario generale di Carmelo Barbagallo al posto di Luigi Angeletti. Camusso ha sottolineato che la Cisl, rappresentata all’incontro dalla segretaria generale, Annamaria Furlan, è pronta eventualmente a mobilitarsi solo per la categoria del pubblico impiego, mentre «per noi lo sciopero generale è di tutte le categorie». L’incontro dei segretari generali è durato un quarto d’ora circa. Al termine Camusso ha sottolineato che con la Uil si è registrata «una importante convergenza per manifestazioni territoriali» da svolgere nella giornata di sciopero. Con l’adesione della Uil allo sciopero generale salta quindi la data precedentemente scelta dalla Cgil, ovvero il 5 dicembre. La Cisl dice no - «La Cisl non farà lo sciopero generale con Cgil e Uil. Non ci sono motivazioni valide per fermare il paese: il Jobs act, in fondo, sta cambiando in meglio». Anche la legge di stabilità «contiene cose positive e cose da cambiare ma tutto questo non giustifica uno sciopero generale. Non l’abbiamo fatto neppure con Monti quando era davvero un testo da lacrime e sangue, figurarsi ora», puntualizza Annamaria Furlan in un’intervista a ’Repubblica'. «Faremo invece - aggiunge - lo sciopero generale per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Il contratto degli statali è un obiettivo che anche gli altri dovrebbero considerare e io spero che questo consenso ci sia». «Accanimento» sull’articolo 18? «A me non sembra affatto. Piuttosto noto che, come sempre, quando si parla di strumenti e regole del mercato del lavoro si tende a dividersi in modo ingiustificato e ideologico. Vale per il sindacato ma anche per il paese», continua Furlan. Per me« sul Jobs act »il punto cruciale è: le proposte sono meglio o peggio di prima? Io dico che sono meglio rispetto alla stesura iniziale e aggiungo che possiamo migliorarle ancora in sede di decreti attuativi proprio per garantire che le cose siano fatte bene e per dare certezze ai soggetti più deboli, cioè ai lavoratori e alle lavoratrici. Qui parliamo del sangue delle persone, della loro vita. E per questo vorrei che la politica esprimesse il meglio«, conclude il segretario generale della Cisl. La data fissata dal sindacato della Furlan per lo sciopero dei dipendenti pubblici è stato fissato per il 1° dicembre. Anche l'Ugl incrocia le braccia - L’Ugl, invece, proclama per il 5 dicembre uno sciopero generale di 8 ore di tutti i lavoratori pubblici e privati contro la Legge di Stabilità, «provvedimento - spiega Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl - che presenta lacune per un vero rilancio economico e sociale del nostro Paese». Pacone puntualizza che «i problemi rilevati insieme ai rappresentanti delle nostre categorie sono diversi: il mancato rinnovo dei contratti collettivi di lavoro del Pubblico impiego senza i quali il rilancio dello Stato è davvero impensabile, le risorse stanziate ma insufficienti per gli ammortizzatori sociali, l’assenza di una vera equità fiscale, scarsi o assenti sostegni allo sviluppo, alle infrastrutture indispensabili per tutto il territorio italiano, al potere d’acquisto delle pensioni». Sullo sciopero generale «pesa anche il Jobs Act, sorta di ciliegina su una torta indigesta, che penalizza fortemente una più equa riforma del lavoro. Per tali ragioni - conclude Capone - la Confederazione chiede ai lavoratori una mobilitazione unitaria, al fine di sollecitare anche la rivisitazione del Fondo per il ammortizzatori sociali, tematica sulla quale il governo sembra non accettare alcun confronto».

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