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"Come si diventa una spia in Italia". L'ex capo degli 007 vuota il sacco

di Giovanni Ruggiero domenica 21 febbraio 2016

2' di lettura

Quando si parla agli agenti dei servizi segreti è facile immaginare a scena da film alla James Bond, esplosioni e inseguimenti alternati ad appassionate storie d'amore. Non proprio la trasposizione plastica di come sia composto il corpo di intelligence italiano, come chiarisce il generale Mario Mori al Giorno, forte della sua esperienza da direttore del Servizio informazione per la sicurezza democratica (Sisde) dal 2001 al 2006. Il reclutamento per i servizi italiani si avvale prevalentemente di Carabinieri, anche se negli ultimi tempi: "si sono aperte altre vie come scuole, università, tecnici specifici". Da quel che racconta il generale Mori, non sarebbe poi così improbabile che gli egiziani abbiano potuto scambiare il ricercatore Giulio Regeni per una spia, per quanto sul caso specifico l'ex direttore del Sisde non vuole parlare perché: "Non conosco i dettagli della vicenda". Il reclutamento - Ogni Paese ha un suo metodo per reclutare agenti e collaboratori del controspionaggio. Tutti però hanno un unico comune denominatore: "Si propone qualcosa a seconda delle debolezza di chi si contatta". Per esempio gli inglesi, racconta Mori, se ha bisogno di informazioni in Nigeria, può contattare dipendenti di aziende inglesi che lavorano sul posto e offrire loro denaro o commesse industriali. Mori però sottolinea una caratteristica tutta inglese: "Loro lavorano anche gratis, per l'amore della patria. Quando ci sono italiani, succede meno". Gli incidenti - In un'operazione andata a buon fine in Costa d'Avorio, un italiano che viveva in quella zona ha aiutato nell'arresto di un mafioso latitante. Ma non sempre va tutto per il meglio: "Qualcosa - dice Mori - sfugge sempre". Per esempio può succedere che una spia venga uccisa: "Bisogna vedere se entrambi i Paesi riconoscono la vittima come spia o no. Non esiste un protocollo per queste evenienza, ogni volta si agisce in modo diverso. A me un caso del genere non è mai capitato. Non è un episodio ricorrente uccidere una spia. Nei Paesi civili non succede". Di norma, quando una spia viene scoperta, secondo Mori ci sono tre eventualità: "Gli tolgo i documenti e lo mando fuori dal Paese oppure lo 'sdoppio', lo seguo sapendo che è una spia e gli prendo tutte le informazioni possibili. In alternativa, tento di farlo diventare un mio agente". Di sicuro non esistono casi di tortura, assicura Mori, almeno in Italia.

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