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"Terra Sacra e Guerriglia", il libro fotografico che racconta le sofferenze dei Karen

di Giulio Bucchi domenica 26 agosto 2018

3' di lettura

“Terra Sacra e Guerriglia” (Eclettica Edizioni, coll. Diaframma, 2018) è il nuovo libro del fotoreporter perugino Fabio Polese, racconto in scatti di un popolo sconosciuto alla maggior parte dell’opinione pubblica occidentale, i Karen della Birmania, dal 1949 in lotta con la giunta militare. A nulla, infatti, sarebbe servito il recente cambio di governo a Naypyidaw: forse troppo debole e isolato, il Nobel per la Pace e Consigliere di Stato birmano Aung San Suu Kyi non è in grado di avviare un progetto di reale e profonda riconciliazione nazionale; pertanto le azioni di contro guerriglia dell’esercito continuano, incessanti, ai danni della minoranza etnica. Gli scatti di “Terra Sacra e Guerriglia” sono una testimonianza preziosa raccolta in un’area del paese off limits nella quale, ammette Polese, “si entra clandestinamente perché i governativi non permettono ai giornalisti di arrivare in quelle zone”. Polese, perché i Karen? “È stato il mio primo reportage in una zona di conflitto, all’inizio della mia attività di reporter. Con il passare degli anni, nonostante ho realizzato lavori in altre parti del mondo, ho sempre mantenuto un forte interesse per il popolo Karen”. Cosa la colpisce di questo gruppo etnico? “L’attaccamento alla terra intesa come identità, sacralità e come simbolo di un popolo che, suo malgrado, subisce una persecuzione che ha attraversato tutta la seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri. Non esagero dicendo che la loro è la guerra più lunga del XX Secolo poiché combattono da 69 anni, nonostante quasi nessuno ne sia a conoscenza”. Combattenti molto esperti, dunque… “I Karen sono gente pacifica, nonché un esempio di perfetta integrazione comunitaria: fra loro vivono cristiani, buddisti, animisti e musulmani senza rancori e divisioni di sorta. Combattenti, chiede? Sì, ovviamente. Ma solo per difendere ciò che a loro appartiene”. È l’unico popolo “combattente” della Birmania? “No, diversi gruppi etnici stanno combattendo per la salvaguardia dei loro territori. Il regime di Naypyidaw perseguita quasi tutte le popolazioni che non si sottomettono. In questo momento l'etnia Kachin, nel nord del Paese, è pesantemente sotto attacco. Secondo le testimonianze che ho raccolto, l’esercito starebbe impiegando un grande quantitativo di uomini e mezzi per piegarli, ricorrendo anche ad aerei da attacco al suolo. Ma per ora i Kachin non sembrano piegarsi e stanno rispondendo colpo su colpo”. A suo avviso perché Aung San Suu Kyi non riesce a interrompere queste persecuzioni? “Penso che l’elezione di San Suu Kyi sia stata una buona opportunità per mostrare una sorta di ‘democraticizzazione’ del Paese, da attuarsi ricorrendo al volto del Premio Nobel. In realtà a dominare la scena politica interna sono gli interessi della giunta militare che si intrecciano a quelli delle grandi corporation internazionali che mirano a sfruttare le risorse minerarie di una nazione che è anche un importante crocevia commerciale fra i colossi economici dell'India e della Cina”. Torniamo all’opera: perché un volume solo fotografico? “La mia intenzione, e quella della casa editrice, è restituire centralità al fotoreportage. Io racconto le sofferenze e la lotta dei Karen attraverso scatti che provano ad accompagnare il lettore in quelle terre. Per cercare di far sentire sulla pelle quelle stesse emozioni che ho provato io nel corso dei miei numerosi lavori in quelle zone di guerra immerse nella giungla della Birmania orientale”. di Marco Petrelli

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