Papa Francesco, Nuzzi e l'operazione "San Michael": la sicurezza di Bergoglio e del Vaticano fanno acqua
Ma quant' è sicuro Papa Francesco? Com' è strutturato l' apparato che dovrebbe garantirne l' incolumità? E soprattutto, funziona a dovere oppure ci sono delle falle, tali da offrire a eventuali malintenzionati la possibilità di introdursi fin nel cuore del Vaticano e colpire il Pontefice, uno degli uomini più in vista del pianeta? Sono domande a cui Gianluigi Nuzzi cerca di rispondere nel suo nuovo libro, "Giudizio universale - La battaglia finale di Papa Francesco per salvare la Chiesa dal fallimento" (Chiarelettere, 368 pagg.). Un volume importante, ancora dedicato dal giornalista ai delicati affari interni che scuotono il Vaticano fin nel profondo. Opera il cui cuore è in realtà rappresentato dal delicato dossier finanziario. che rischia di portare la Santa Sede al fallimento. Nuzzi ricostruisce la situazione, pubblicando documenti riservati e anche il piano messo a punto sotto la supervisione dello stesso Francesco per portare finalmente in salvo la Chiesa. E, vista la delicatezza della questione, Nuzzi affronta per l' appunto anche il problema della sicurezza del Papa. Rivelando che, nel 2014, alcuni degli uomini di Bergoglio, in segreto, hanno dato vita a quella che sarà chiamata "operazione san Michael", in onore di san Michele Arcangelo, protettore della Gendarmeria. «Hanno commissionato - spiega Nuzzi - a degli esperti del ministero dell' Interno spagnolo la verifica sulla sicurezza di Francesco, Benedetto XVI e dei luoghi simbolo della cristianità, a iniziare da piazza San Pietro sino alla residenza estiva di Castel Gandolfo». Un lavoro mai compiuto prima, affidato a una squadra di analisti che per giorni, settimane, ha osservato il microcosmo vaticano in cerca di falle. «Tutto ciò all' insaputa dei responsabili della sicurezza, monsignori, cardinali e del papa». Ne è nato un dossier riservato, presentato in duplice copia, in inglese e spagnolo, reso pubblico nel libro di Nuzzi per la prima volta. GUARDIE E GENDARMI Il dossier inizia illustrando organizzazione, composizione e compiti di due corpi di sicurezza del Vaticano, le Guardie Svizzere e la Gendarmeria. Il corpo delle Guardie Svizzere è formato da soldati stabili di nazionalità svizzera al servizio esclusivo del papa con il compito di provvedere alla sua difesa e protezione, così come alla sicurezza del palazzo apostolico e al controllo degli accessi all' interno del perimetro dello Stato vaticano. È fissato a 110 il numero dei membri che lo compongono, suddivisi in un comandante con il rango di colonnello, altri 5 ufficiali, 26 sottufficiali e 78 alabardieri. Per quanto riguarda il corpo della Gendarmeria Vaticana, è preposto a garantire la sicurezza e l' ordine pubblico, nonché a svolgere funzione di controllo dei confini, della sicurezza stradale e della legalità nel territorio vaticano. Si compone di circa 140 agenti su un totale di circa 200 funzionari, e al comando c' è un comandante avente il ruolo di direttore della sicurezza. DOCUMENTI E VERIFICHE È proprio la Gendarmeria che rilascia i documenti d' identità a coloro che sono legati in vario modo allo Stato vaticano: cittadini vaticani, funzionari o residenti. Chi possiede un documento d' identità può superare gli accessi e fare acquisti nei negozi situati nei pressi di Porta Sant' Anna: la farmacia, il supermercato, la profumeria e il distributore di benzina. E però, spiega il dossier, «i criteri di rilascio non sono chiari, in quanto non dipendono dal ruolo che si svolge all' interno dello Stato vaticano. Delle 50.000 unità che operano quotidianamente in seno alle strutture dello Stato, infatti, solo 41.000 sono in possesso di un documento d' identità vaticano». I controlli sono insufficienti: «I documenti d' identità sono provvisti di una banda magnetica, ma in nessuno degli accessi allo Stato sono stati rilevati dispositivi per la lettura di carte magnetiche. I controlli vengono effettuati a vista. Non viene raffrontata la foto presente sul documento con il volto del titolare. Viene invece verificata la validità del documento e gli eventuali rinnovi, anche se non in maniera regolare». Peraltro, prosegue il dossier, «per gli accessi in auto, pur in presenza di passeggeri, viene sottoposto a verifica del documento solo il conducente», e «si possono superare gli accessi esibendo una prescrizione medica, che consente l' ingresso ai negozi senza esibire un documento d' identità». L' accesso in auto all' interno dello Stato vaticano può effettuarsi attraverso tre varchi: Perugino, Petriano e Sant' Anna. Sono in effetti previsti controlli in corrispondenza dei suddetti varchi, e però «presso nessun varco sono presenti lettori di targhe o barriere fisiche per fermare i veicoli. Non sono stati osservati dissuasori fisici o sonori, elementi atti a rallentare il movimento delle vetture, o la presenza di una stazione di controllo fissa. Non sono stati osservati specchi per l' ispezione del fondo degli automezzi, né la presenza di unità cinofile per controlli specifici». Senza contare che «i veicoli che accedono in Vaticano non sono in possesso di un' autorizzazione», e anche «l' uscita dei veicoli avviene senza controlli; non viene verificato l' orario di uscita o l' eventuale permanenza all' interno». AFFLUSSO DI PERSONE Il dossier fa poi notare che lo Stato Città del Vaticano ospita un supermercato, una farmacia con profumeria, due distributori di carburante, un piccolo centro commerciale nell' area dell' ex stazione ferroviaria che accoglie negozi di elettrodomestici, cosmetici, abbigliamento e accessori, alcuni dei quali di marchi prestigiosi, una tipografia, un ufficio postale e una filiale bancaria. «Tutte queste attività generano un notevole afflusso di persone, pur concentrato in una determinata area, ed elevano il livello di rischio in situazioni di emergenza». Un paragrafo è dedicato alla Domus Santa Marta, in sostanza l' albergo che si trova all' interno del Vaticano, vicino alla Basilica di San Pietro. Qui gli analisti che hanno compilato il dossier sono severi: «Dall' osservazione sono emerse molteplici criticità» scrivono. Ci sono due gendarmi presso la reception, «ma nessun sistema di videosorveglianza. Non è stata osservata alcuna apparecchiatura per la comunicazione via radio. Una guardia svizzera presidia in modo permanente il secondo piano. Quest' ultimo, che ospita l' appartamento pontificio, è accessibile tramite ascensore o scale, senza restrizioni fisiche o meccaniche. Non è noto se le finestre della residenza papale abbiano protezioni adeguate; le altre finestre della residenza ne sono prive. (...) È stata rilevata la presenza di diverse uscite di emergenza, che non sono tuttavia segnalate come tali, eccetto al pianoterra. Il piano di evacuazione dell' edificio non è noto». E fanno poi notare come «a 50 metri dalla residenza e ad appena alcuni dalle finestre dell' appartamento papale, sono presenti diverse pompe di benzina, che rappresentano un' ovvia fonte di pericolo». Leggi anche: Papa Francesco, inchiesta choc delle Iene: "Abusi su chirichetti del Papa" ORARI FISSI Come detto, le pratiche religiose espletate quotidianamente dal Pontefice, a orari e in luoghi pressoché fissi, danno la possibilità a chi volesse elaborare un piano per attentare alla sua incolumità di farlo in base a elementi piuttosto certi - e, come si è visto, l' apparato di sicurezza è tutt' altro che impenetrabile. Peraltro, «un altro aspetto da sottolineare è la regolare presenza di ospiti presso la residenza Santa Marta. Non è dato sapere se sono sottoposti ad alcun tipo di controllo o se sia sufficiente l' avallo degli alti funzionari della curia. Pur non esibendo nessun documento identificativo, condividono la quotidianità con sua santità, incontrandolo nel refettorio o in altri ambienti della residenza. Hanno assoluta libertà di circolare all' interno e in molte altre aree dello Stato vaticano». Infine, considerando che la quotidianità di Papa Francesco risponde a ritmi piuttosto ripetitivi, secondo gli analisti che hanno compilato il dossier «il suo servizio di scorta, pur poderoso, non sembra disporre di mezzi tecnici adeguati». La conclusione a cui arrivano gli esperti di sicurezza che hanno redatto il dossier è preoccupante: «Questo studio, basato sulla semplice osservazione da parte di esperti della sicurezza, ha messo in luce evidenti vulnerabilità nelle misure di protezione usate per la sicurezza di sua santità, il suo ambiente di lavoro, la residenza e la cerchia di persone che lo circondano quotidianamente». di Filippo Manfredini