Ecco la nostra "integrazione". Scuola piena di immigrati: che fine fanno gli italiani
Marghera, un tempo quartiere operaio dei famosi cantieri con la loro storia di lavoro e sciagura, oggi è diventato scelta obbligata per migliaia di stranieri, soprattutto cinesi e bengalesi. Venezia è all' orizzonte ma pare lontanissima, persa nella caligine afosa di questo settembre anomalo. Nei cortili dei palazzoni giocano ancora bambini, ma il dialet Per approfondire leggi anche: Immigrati a Lampedusa, l'ira di Salvini: "Via con i charter" to locale si parla poco. Nelle scuole elementari e medie, tra Mestre e Marghera, la scena è la stessa. Le lezioni sono ricominciate con i problemi di sempre. E una variante sempre più evidente: le aule sono affollate, ma la maggioranza degli alunni non sono italiani. Chiediamo a una giovane donna che passa vicino alla scuola elementare Grimani, tenendo per mano un bambino, se i suoi figli frequentano la scuola qui. «Sì», ci risponde in uno stentato italiano, «sì, dobbiamo mandarli qui perché è la scuola più vicina. Però ci sono tanti stranieri e i miei figli rischiano di parlare poco l' italiano. Io voglio che imparano italiano bene. Non come me», aggiunge sorridendo. SCOLARI INDIGENI - Questa è la situazione all' inizio dell' anno scolastico, così come testimonia anche un servizio del quotidiano Il Gazzettino, nel quale si spiega che, ad esempio, nella elementare Cesare Battisti molte famiglie hanno deciso di ritirare i loro figli dal tempo pieno, scegliendo la prima classe "a modulo" perché è l' unica in cui i bimbi italiani sono in maggioranza. Insomma, una sola classe di scolari "indigeni", mentre in altre scuole della zona la presenza di alunni stranieri arriva al 90 per cento. Succede poi che molti scelgano di mandare i figli in scuole private - non per razzismo o snobismo, spiegano i genitori, ma perché spesso si trovano in difficoltà. Viene citato il caso sempre della scuola Battisti, in cui, nella sezione della materna, su dieci bimbi, ben otto non parlavano italiano. La delibera del Consiglio di istituto del 2017 prevedeva un tetto del 40 per cento di alunni nati all' estero, ma non è ancora stata applicata. La stessa comunità islamica di Venezia ha fatto sapere di essere d' accordo con il tetto, e molti genitori stranieri - bengalesi in testa - raccomandano ai figli di parlare italiano, non contenti di veder diminuire sempre più i compagni di classe italiani dei loro ragazzi. A Padova, spostandoci di provincia, la situazione cambia poco. L' anno scorso era scoppiato il "caso Rosmini": nella elementare Antonio Rosmini l' unica prima classe era composta da 24 alunni, tutti stranieri. Quest' anno un caso emblematico è quello della scuola media Falconetto, dove i problemi non sono legati tanto alla presenza di troppi alunni stranieri, ma al fatto che non sono state approntato le tre sezioni promesse e adesso i ragazzi sono 29 per classe, dove sono inseriti anche due disabili gravi e alcuni ragazzi cosiddetti Bes, con bisogni educativi speciali. «L' anno scolastico si presenta già tutto in salita», spiega con amarezza uno dei genitori che aspettano i figli alla fine delle lezioni, «come possono i ragazzi avere lezioni regolari in aule così affollate?». C' è anche un problema di sicurezza, ribadisce un altro genitore. FENOMENO IN CRESCITA - Dati recenti confermano il boom di studenti immigrati. L' ultimo rapporto Osce, l' organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, pubblicato qualche mese fa, certifica che oggi nelle aule italiane uno studente su sei è un immigrato. Fenomeno in crescita, se si considera che tra il 2003 e il 2015 l' incremento è stato del 6 per cento. Con la conseguente nascita di classi-ghetto per i bimbi italiani in minoranza, e problemi di apprendimento per tutti. E c' è un altro fenomeno da considerare. Come si legge nel rapporto del ministero dell' Istruzione sugli "Alunni stranieri nel sistema scolastico", per quel che riguarda i flussi migratori più recenti si registra un sempre più consistente aumento di minori non accompagnati, di cui solo un numero ridotto frequenta le scuole, visto che gli altri, appena arrivati in Italia, diventano irreperibili. E negli ultimi due anni il fenomeno è ancora più endemico. di Caterina Maniaci