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Silvio a processoi teppisti in libertà

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Berlusconi avrebbe comprato un senatore per far cadere Prodi. Un fatto smentitodalla storia, ma pur di incastrarlo va bene tutto. Intanto escono i devastatori di Roma

Matteo Legnani
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Il governo di Romano Prodi non cadde nel 2008 perché Sergio De Gregorio venne comprato da Silvio Berlusconi, come pare credere il giudice di Napoli che ieri ha rinviato a giudizio il Cavaliere con l'accusa di aver corrotto l'ex senatore dell'Italia dei valori Sergio De Gregorio. L'esecutivo alla mortadella finì affettato dalle inchieste giudiziarie che colpirono il partito familiare di Clemente Mastella e perché alcuni alleati della sinistra estrema e i liberaldemocratici di Lamberto Dini gli voltarono le spalle.  La storia è nota, ma se qualcuno volesse rinfrescarsi la memoria potrebbe rileggersi  gli articoli che uscirono sui principali quotidiani la mattina del 24 gennaio di cinque anni fa. Prendiamo ad esempio il Corriere della Sera. Nella cronaca della giornata che portò Romano Prodi a salire al Colle e rassegnare le dimissioni Sergio De Gregorio non è neppure menzionato. Si parla dei senatori assenti (Andreotti, Pallaro, Pininfarina), che hanno fatto mancare il loro voto alla maggioranza; di Clemente Mastella e Tommaso Barbato, capogruppo dell'Udeur che ha negato la fiducia all'esecutivo, di Nuccio Cusumano che invece all'improvviso non ha ascoltato le direttive di partito e ha dato il suo voto al premier. Nell'articolo è citato Domenico Fisichella, ex di An confluito nella Margherita perché non sopportava Berlusconi ma che evidentemente ne aveva le tasche piene anche dell'Unione al punto da votare contro. E poi ci sono i nomi di Lamberto Dini e del compagno di partito Giuseppe Scalera, che invece di pronunciarsi contro il governo si è astenuto, cosa che al Senato è equiparata a un no. Risultato: Prodi è andato a casa con 156 voti a favore e 161 contrari. A Mortadella non è mancato il voto di De Gregorio, che aveva fatto il salto della quaglia già nel 2006 appena eletto e in cambio di una presidenza, ma quello di altri cinque senatori, nessuno dei quali è stato neanche lontanamente sospettato di essere stato comprato. L'inchiesta campana parte dunque da un presupposto sbagliato: accusa Berlusconi di aver comprato De Gregorio versandogli 3 milioni di euro, quando De Gregorio aveva tradito il centrosinistra un anno e mezzo prima la caduta del centrosinistra. Possibile che il Cavaliere abbia scelto di buttare tanti soldi senza che ve ne fosse motivo? Ma se non bastasse l'articolo del Corriere della Sera, sarebbe sufficiente rileggere il discorso che lo stesso Prodi fece a Palazzo Madama prima di essere mandato a casa. Mica ce l'aveva con Berlusconi. Le sue parole furono rivolte a quelle forze politiche che componevano la maggioranza e che avevano «minato l'azione dell'esecutivo con dichiarazioni e atteggiamenti istituzionalmente opinabili».  Romano non parlava di soldi, ma di condotte suicide del centrosinistra. Mesi dopo essere stato cacciato da Palazzo Chigi, l'ex presidente del consiglio ancora dava prova di credere che  non gli avessero sfilato il governo comprando i senatori, ma attaccava i poteri forti, accusando i giornali da loro controllati di averlo ostacolato e cacciato.  Come si spiega dunque questo ribaltamento della realtà? La risposta è semplice. Ora ogni occasione è buona per cercare di seppellire Berlusconi e indurlo a uscire di scena.  Anche la più incredibile e meno fondata delle accuse? Non vogliamo neanche entrare nel merito della questione, se cioè davvero Valter Lavitola abbia consegnato centinaia di migliaia di euro a Sergio De Gregorio e se questi sia incredibilmente riuscito a incassare milioni dal Cavaliere. Il processo dimostrerà se questi soldi sono effettivamente passati di mano e a che titolo. Sta di fatto che per la «dazione ambientale»  manca il movente. Come in un giallo che si rispetti, per  accusare qualcuno di aver commesso un reato c'è bisogno della ragione che spinge a commetterlo. E nella fattispecie, questa manca. Berlusconi voleva dare la spallata al governo Prodi? Certo, ma la caduta arrivò per implosione del centrosinistra e non per merito di De Gregorio e anche sui soldi le date non coincidono, perché il denaro sarebbe passato di mano nel 2006, mentre la caduta è di due anni dopo. Tuttavia ci sia consentita  un piccola chiosa: in ogni legislatura cambiano casacca decine di parlamentari. Nell'ultima non crediamo siano stati meno di una cinquantina. Possibile che si indaghi solo su quelli che hanno lasciato la sinistra per passare con il centrodestra? Nel 1999 un gruppo di deputati eletti con la Casa delle libertà fece un triplo salto carpiato per appoggiare il primo governo D'Alema. Del gruppetto faceva parte anche un missino, che riposto il busto di Mussolini fu prontamente nominato sottosegretario. Nonostante le «gravissime accuse» (così le definì l'allora presidente della Camera Luciano Violante) di compravendita di onorevoli, con tanto di offerta di soldi, la faccenda finì nel nulla, con l'allora capogruppo dei Ds, Fabio Mussi, che imputò alla Cdl di voler sporcare il primo governo di sinistra della storia. Altri tempi, altri voltafaccia. Allora i voltagabbana erano definiti benemeriti  e l'assenza di vincolo di mandato dei parlamentari difesa con forza come principio costituzionale inviolabile. Ma si sa, D'Alema è D'Alema, Berlusconi è Berlusconi. E la magistratura è quella che è.  Ps. Dimenticavamo:  mentre ieri rinviavano a giudizio il Cavaliere, venivano scarcerati i ragazzi che erano stati arrestati con l'accusa di aver sfasciato un po' di vetrine e auto della polizia a Roma. Giustizia è fatta. di Maurizio Belpietro

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